• Dopo la festa da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
    Nov 12 2025
    Così, le Olimpiadi sono finite, e anche Roma ritorna alla vita di ogni giorno, come tutte le città e i villaggi e le campagne, dove non c'è stata, dove non c'è mai vacanza dal lavoro e dal bisogno. I giochi sono stati uno spettacolo bellissimo da ogni punto di vista: colori di pace, bandiere, forza, giovinezza, affascinante misura della potenza ai limiti dell'uomo.
    Sono stati uno spettacolo così bello, che perfino i vecchi romani impenetrabili, queste tartarughe catafratte, queste lucertole sui loro muri incrostati di tempo, hanno finito per interessarsene.
    Uno di questi vecchi diceva, al caffè, il primo giorno, al principio dei giochi: «’Sta fiaccola, ma ‘sta fiaccola che è? Io vorrebbe essere Nerone, che ce ne avessi mille de ‘ste fiaccole pe da’ foco a tutto».
    Ma già un altro vecchio gli replicava che «’Sta fiaccola gli aveva fatto sentire ‘na cosa qui», a vedere quei giovani che «facevano puro 10 chilometri all'ora» e si davano il cambio, sul Corso, a portarla correndo come il vento.

    Luoghi narranti narrati o citati: Corso - Arco di Costantino - Via dell’Impero - Obelisco di Axun (era prospiciente il Circo Massimo ma fu restituito all'Etiopia) - Castel Sant’Angelo - Monte Mario - Albergo Hilton - Via Olimpica - Viadotto di Nervi - Villaggio Olimpico - Palazzo dello Sport - Palazzetto dello Sport - Velodromo

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    È una città eterna e «fuggitiva», nobilissima e plebea, sempre in bilico tra il cammeo e la patacca, quella raccontata da Carlo Levi in questi scritti, che «sembrano inseguire Roma, nel suo splendore fuggitivo, nelle mosse in cui la sua bellezza pare espandersi, aprirsi a un nuovo sviluppo civile». Sfila in queste pagine intense, scritte tra il 1951 e il 1963, una moltitudine di tipi e personaggi, veri ritratti parlanti e gesticolanti di un mondo popolare, di antichissima civiltà, governato dalla più flemmatica e scettica filosofia di vita e insieme dotato di sorprendente vitalità.

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  • La gerarchia del latifondo da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
    Nov 12 2025
    Gennaio 1950

    A Isola Capo Rizzuto è possibile cogliere l'articolazione sociale ed economica del latifondo calabrese, scrutare gli intricati rapporti che legano gli uomini alla terra.
    Qui la proprietà non ha subito nessuna di quelle frane che si sono verificate in altri paesi del Crotonese, ed è ancora legata ai vecchi nomi baronali dei Baracco, dei Berlingieri, dei Galluccio, dei Gaetani, che continuano a governare da secoli con i loro scrivani, i loro tavoli tarlati, i vecchi registri polverosi.
    Isola Capo Rizzuto dista venti chilometri da Crotone, ma è come se fosse distante da ogni centro civile.
    È veramente un'isola in un mare di terra desolata, che si estende monotona allo sguardo, interrotta solo darà dei piantagioni di olivi e da boschetti di alberi infruttiferi davanti a cui è posto un cartello: «Divieto di caccia».
    Queste tre parole sono le uniche scritte che si leggono insieme con le lettere DDT marcate sulle porte delle case, per le strade che portano i paesi del Crotonese. I boschetti, come le grandi tenute di Oliveto della Portella del barone Galluccio o quella di Policoro del barone Berlingieri, sono riservati alla caccia.
    Presso Isola il barone Baracco possiede un bosco dove è ancora possibile incontrare dei danni.
    La caccia è, in realtà, l'unica passione della nobiltà calabrese.

    Luoghi narranti narrati o citati: Isola Capo Rizzuto - Crotone - Oliveto della Portella - Policoro - Strongoli - Cutro - Melissa - Sila - San Giovanni in Fiore

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    “Baroni e contadini", insieme con i “Contadini del Sud" di Scotellaro e “Le parrocchie di Regalpetra” di Sciascia, è stato tra le più importanti testimonianze sul Mezzogiorno. Giovanni Russo mette a confronto il Sud del dopoguerra con le sue miserie secolari e il suo patrimonio di civiltà e di lotte sociali con i temi centrali della questione meridionale degli anni Ottanta.

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  • Un paese solitario da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
    Nov 11 2025
    Dicembre 1949

    Le stazioni della linea ferroviaria Sibari-Crotone portano i nomi di paesi invisibili, nascosti fra le curve dell'Altopiano.
    Pietrapaola è una di questi paesi, a sessanta chilometri da Crotone, e la sua stazione è uno dei tanti piccoli dadi disseminati lungo la ferrovia in aperta campagna, di fronte al mare deserto da cui i gabbiani volano a volte fino a terra a mescolarsi coi passeri.
    Qualche casamatta in cemento armato, colle occhiaie vuote di cannone, e qualche fosso anti sbarco testimoniano che qui durante la guerra c'erano stati degli uomini.
    Ora la campagna è deserta come il mare, senza una casa.Solo qua e là la terra, coperta di stoppie, cambia di colore seguendo il lento cammino di coppie solitarie di buoi.
    Finiscono qui le terre dei Barraco, dei Berlingeri e dei Galluccio per cominciare quelle di Pietrapaola.
    Sono l'unico viaggiatore che scende alla stazione di Pietrapaola.
    Non c'è nessun mezzo di trasporto per salire al paese. Il capostazione, il manovale e un oste che vende il vino per i braccianti che lavorano sulla ferrovia mi si fanno incontro con meraviglia. Nessuno ha neppure un carretto.
    Solo il postino dispone di un vecchio asino che sta caricando con il sacco della posta e una cassa che è arrivata per il prete.
    Mi rivolgo a lui per chiedergli se può procurarmi almeno un asino per il viaggio.
    È un giovane basso e magro, vestito come una giacca di velluto verde e un paio di pantaloni stinti.
    Mi risponde con un sorrisetto che anche con un asino non sarà possibile arrivare al paese prima del tardo pomeriggio.
    E siamo appena alle undici di mattina.

    Luoghi narranti narrati o citati: Pietrapaola - Crotone - Stazione di Pietrapaola - Mandatoriccio - Tarsia - Rossano

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    “Baroni e contadini", insieme con i “Contadini del Sud" di Scotellaro e “Le parrocchie di Regalpetra” di Sciascia, è stato tra le più importanti testimonianze sul Mezzogiorno. Giovanni Russo mette a confronto il Sud del dopoguerra con le sue miserie secolari e il suo patrimonio di civiltà e di lotte sociali con i temi centrali della questione meridionale degli anni Ottanta.

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  • Un bambino che vola da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
    Nov 11 2025
    Sotto il sole tardo dell'estate, anche la vecchia faccia di Roma è cambiata.
    Allegri e bandiere si muovono al vento, e le insegne, o gli stemmi, le bande, le strisce, le stelle, le falci, i martelli, i soli, le mezze lune, i colori di tutte le nazioni; e un popolo di atleti si accampa, alcuni bellissimi, i campioni armoniosi e sereni, molti comuni gli aspetto, simili agli uomini di tutti i giorni, altri in qualche modo condizionati nella forma agli esercizi in cui eccellono, corpi lisci di pesci, teste rotonde, colli di tori o di tartarughe, farfalle, grilli, giraffe, giganti e nani; visi lucenti, visi calmi, o nervosi e tesi; occhi azzurri e occhi neri; fogge di ogni paese; così come essi sono, grandi e piccoli, superbi e modesti, i migliori della terra.
    Tutto è stato detto, in questi giorni, delle Olimpiadi: del bene e del male, delle glorie e delle speculazioni, del valore e dei vani discorsi, dello sport e degli affari, della pace e della retorica.
    Ma questo popolo variopinto e robusto che è passato di qui, che cosa ha lasciato?
    Alcune immagini che toccano il cuore e la fantasia: l'apparizione fisica e visibile della felicità.

    Luoghi narranti narrati o citati: Palazzo dello Sport

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    È una città eterna e «fuggitiva», nobilissima e plebea, sempre in bilico tra il cammeo e la patacca, quella raccontata da Carlo Levi in questi scritti, che «sembrano inseguire Roma, nel suo splendore fuggitivo, nelle mosse in cui la sua bellezza pare espandersi, aprirsi a un nuovo sviluppo civile». Sfila in queste pagine intense, scritte tra il 1951 e il 1963, una moltitudine di tipi e personaggi, veri ritratti parlanti e gesticolanti di un mondo popolare, di antichissima civiltà, governato dalla più flemmatica e scettica filosofia di vita e insieme dotato di sorprendente vitalità.

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  • San Lorenzo e San Paolo da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
    Nov 10 2025
    Pesa l'estate con nubi giallastre di caldo nel cielo greve, che un vento alto, africano, trascina e disperde: poi, improvvise, mutano le correnti dell'aria, e un fresco subitaneo sopraggiunge, come una vitale contraddizione.
    Roma sta, assolata, imbandierata, fracassata, trasformata in un labirinto senza filo, sotto quelle ventate transitorie, in attesa delle Olimpiadi, della gente di ogni colore che verrà: forse, piuttosto, senza alcuna vera attesa, né curiosità per quella invasione multicolore.
    Nelle sue strade, impraticabili e obbligate, sembra che Roma si prepari, senza mutamenti, come ogni anno, alla deserta solitudine dei giorni festivi, ma forse anche lei qualche cosa si direbbe mutato: un interesse, una speranza, un interno movimento.
    Più che mai la vita vi si svolge su due piani contemporanei e lontanissimi: l'uno, apparente di differenza, sicura dell'eternità del tempo, contenta del quotidiano, pressante del diverso che pretende essere nuovo; l'altro nascosto di sentimenti radicati umani, di dignità e di modesto orgoglio.

    Luoghi narranti narrati o citati: Porta San Paolo

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    È una città eterna e «fuggitiva», nobilissima e plebea, sempre in bilico tra il cammeo e la patacca, quella raccontata da Carlo Levi in questi scritti, che «sembrano inseguire Roma, nel suo splendore fuggitivo, nelle mosse in cui la sua bellezza pare espandersi, aprirsi a un nuovo sviluppo civile». Sfila in queste pagine intense, scritte tra il 1951 e il 1963, una moltitudine di tipi e personaggi, veri ritratti parlanti e gesticolanti di un mondo popolare, di antichissima civiltà, governato dalla più flemmatica e scettica filosofia di vita e insieme dotato di sorprendente vitalità.

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  • Don Giovanni e il lotto da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
    Nov 10 2025
    Agosto 1949A chi viene dalla via Stella Polare, ai margini di Napoli, dove sono larghi spiazzi ripuliti delle macerie delle case distrutte, Borgo Loreto appare come un quartiere orientale col suo agglomerato di catapecchie da cui emerge il campanile della chiesa della Madonna del Carmine. In una via di Borgo Loreto, che era durante l'occupazione uno dei quartieri più malfamati di Napoli, mi aspettavano Don Giovanni il Boia e Pascale ‘o Salaiuolo.Don Giovanni il Boia è uno di quelli che è riuscito a salvarsi dalla crisi generale determinatasi a Napoli, dopo la partenza degli alleati.Non fa nessun mestiere particolare ne ha messo su un commercio con i soldi guadagnati alla borsa nera, sfumati anche per lui come è capitato a tutti, ma ha trovato il mezzo di vivere ancora «in quella maniera»; a lui fanno capo infatti i giornalisti e i fotografi americani desiderosi di penetrare nei bassifondi, di fotografare gli scugnizzi che dormono all'addiaccio e a lui fanno capo i registi dei film realistici.In questi giorni a Napoli se ne stanno girando due e le macchine da presa sostano in Galleria o in mezzo alle strade: da poco Don Giovanni ha finito di lavorare in uno di questi.Egli è capace di pescare tutto ciò che un regista cinematografico può desiderare: figli soldati negri, bande di scugnizzi e di pezzenti, tutte comparse brave e a poco prezzo.E, in realtà, con Giovanni il boia è possibile cogliere un altro degli aspetti di questa Napoli del dopoguerra, penetrare nel sottosuolo della città per distinguere sotto la folla anonima il filone di coloro che la miseria ha spinto alla malavita, alla truffa e alla prostituzione.Luoghi narranti narrati o citati: Via Stella Polare - Borgo Loreto - Chiesa Madonna del Carmine - Galleria - Borgo Sant’Antonio - Via Veneto - Santa Lucia - Nola - Madonna di Montevergine - Piazza Garibaldi - Granili - Grotte di Mergellina - Chiostro di Monteoliveto - Palazzo della Posta - Porto - Bar FalcoSe VUOI puoi cliccare sul link che trovi qui sotto per ASCOLTARE tutti i podcast di «Baroni e contadini» https://penisolabella.blogspot.com/2025/11/baroni-e-contadini-di-giovanni-russo.html “Baroni e contadini", insieme con i “Contadini del Sud" di Scotellaro e “Le parrocchie di Regalpetra” di Sciascia, è stato tra le più importanti testimonianze sul Mezzogiorno. Giovanni Russo mette a confronto il Sud del dopoguerra con le sue miserie secolari e il suo patrimonio di civiltà e di lotte sociali con i temi centrali della questione meridionale degli anni Ottanta.Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/penisolabella-viaggi-nell-italia-sconosciuta--5926625/support.
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  • Il risveglio di Napoli da «Baroni e contadini» di Giovanni Russo
    Nov 8 2025
    Agosto 1949Il dottor E.G. appartiene alla buona società napoletana. È un giovane intelligente che dirige un importante ufficio della città.È iscritto al circolo dei canottieri e ogni domenica assiste alla partita di pallanuoto che ha luogo nello specchio di mare di Santa Lucia, vicino alla Bersagliera e a Zi’ Teresa, tifando per il suo club.Talvolta, quando il lavoro glielo permette, si reca a consumare un gelato da Caflisch al lungomare, con gli amici, figli di industriali o giovani appartenenti alla vecchia nobiltà napoletana, che hanno conservato le abitudini di una tradizione di ricchi.Il dottor E.G. mi accompagnerà in un giro per Napoli.E.G. infatti, anche se indossa ora un bel vestito grigio e una linda camicia di seta, fino a due o tre anni fa si poteva trovare tutto nero e sporco in un basso della Napoli vecchia, tra Forcella e Porta Capuana, in un vicolo stretto come un budello e privo di sole, Vico Maiorana.Lì vendeva carbone per sostenere sé e la sua famiglia che aveva perduto ogni altro mezzo di sussistenza.Ripercorriamo ora queste strade e la nostra passeggiata a tutto il senso di un reale ritorno.Luoghi narranti narrati o citati: Napoli - La Bersagliera (dal 1919 ristorante) - Zi’ Teresa (ristorante) - Caflisch (Luigi 1825) - Forcella - Porta Capuana - Vico Maiorana (Maiorani) - Borgo Loreto - Pallonetto - Via Mariano Semmola - Gradelle di Santa Barbara - Vomero - Via Roma - San Gregorio degli Armeni - Navalmeccanica - Ilva di Bagnoli - CapriSe VUOI puoi cliccare sul link che trovi qui sotto per ASCOLTARE tutti i podcast di «Baroni e contadini» https://penisolabella.blogspot.com/2025/11/baroni-e-contadini-di-giovanni-russo.html “Baroni e contadini", insieme con i “Contadini del Sud" di Scotellaro e “Le parrocchie di Regalpetra” di Sciascia, è stato tra le più importanti testimonianze sul Mezzogiorno. Giovanni Russo mette a confronto il Sud del dopoguerra con le sue miserie secolari e il suo patrimonio di civiltà e di lotte sociali con i temi centrali della questione meridionale degli anni Ottanta.Diventa un supporter di questo podcast: https://www.spreaker.com/podcast/penisolabella-viaggi-nell-italia-sconosciuta--5926625/support.
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    27 mins
  • La luna nuova da «Roma fuggitiva» di Carlo Levi
    Nov 8 2025
    Le immagini passano presto, svaniscono nell'ombra della memoria, quando, ogni giorno, altre le raggiungono e vi si sovrappongono, in un fluire tutto pieno, come le acque compatte e sempre nuove di un fiume rapido e tumultuoso.
    Ma quella della notte del 13 settembre, dove tuttavia nulla avvenne che potesse essere visto con gli occhi, non si nasconderà nella nuvola del tempo.
    Fu una notte commovente di sentimenti arcani, più vaghi, profondi e oscuri che il brillare fantasticante dell'immaginazione.
    Tutti guardavamo la luna: una luna di tre quarti, limpida nel cielo sereno, con le sue figure e le sue macchie dove tutti hanno disegnato nei secoli visi e e spine a se stessi; con la zona scura verso la destra dove ci pareva di vedere un cane accucciato, e che avremmo saputo poi chiamarsi col nome del Mare della Tranquillità, della Serenità, dei Vapori.
    Era la luna bianca e fredda di ogni notte: ma l'attesa la faceva apparire diversa, come se fosse l'ultima volta che la si contemplava, ed essa potesse a un tratto scomparire.

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    8 mins