• Le bandiere di Roma-Atletico Bilbao
    Mar 7 2025
    COSA CI DICONO LE BANDIERE GIALLOROSSE DI ROMA-ATLETICO BILBAO
    Bandiere. Migliaia e migliaia di bandiere. Non c’è nulla di più bello di una notte allo stadio, e non c’è sport che emotivamente equivalga il calcio. Per un semplice motivo: che nella moltitudine smettiamo di essere noi stessi per diventare parte di un universo. Come un astronauta che nello spazio crede di essere una stella e di comporre il sistema universale ben oltre il granello di sabbia che realmente rappresenta.
    Osservo lo Stadio Olimpico in uno sventolio di bandiere giallorosse come raramente si è visto e non se ne può rimanere indifferenti. Non ho più tempo né forse voglia di sapere o di comprendere una certa sociologia o anche composizione chimica del calcio che è finito col diventare tanta parte di noi stessi. Lo accetto così, senza una spiegazione metafisica, tanto complessa, pervasiva, profonda è diventata la sua intrusione.
    Si va dal tifo più semplice e passionale (“Febbre a 90” di Nick Hornby) alla sua degenerazione violenta, becera e criminale (“La tribù del calcio” di Desmond Morris). Si parte da un amore puro e tutt’al più carnale per finire agli hooligans o ai recenti omicidi di mafia da stadio a Milano, perdendo così qualsiasi connessione tra punto di partenza e di arrivo.
    A me francamente non sta bene già certo estremismo, il tifo portato a religione. Né voglio fare confronti tra le varie tifoserie - Napoli o Juventus, Milan o Inter - vale per tutti. La bandiera sventolata a un certo punto ci dice che il tifo va semplificato e riportato all’origine primordiale, per riscoprirne il valore, come se si dovesse ricominciare da capo. E per disconnetterlo totalmente dalle sue deviazioni.
    L’aspetto più sorprendente e affascinante è che Roma-Atletico Bilbao valeva per l’andata di un ottavo di finale di Europa League, cioè sostanzialmente nulla. La partecipazione era/è totalmente disinteressata, emozione e basta, un sentirsi come un puntino luminoso parte dell’universo. La perfezione nell’infinitamente piccolo.
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  • Il Milan, Fonseca e L'Arbitro: commedia sexy all'italiana
    Dec 11 2024
    Il Milan, Fonseca e l’Arbitro (col Var nell’ombra e per complice), rappresentano il classico triangolo tipico della commedia all’italiana. Una "certa" commedia all’italiana, non il neorealismo di Rossellini, Germi o De Sica. Non mi permetterei mai. Nel cinema lo schema classico è Lui, Lei e l’Altro (o l’Altra), con la figura del Cornuto o della Cornuta a seconda del canevaccio. Volgare e rozzo, lo ammetto, ma è così. Nella lunga teoria di grandissimi attori e attrici che si sono cimentati col genere dò la mia preferenza al grande Renzo Montagnani, che sulla commedia scollacciata e porchereccia vicino a straordinarie bellezze come Edwige Fenech o Barbara Bouchet, costruì la sua notorietà. E anche il conto in banca, che ammise lui stesso, si gonfiava così assai più che non andando a recitare in teatro, in modo ancor più ispirato, “La Coscienza di Zeno” di Italo Svevo. Il grande Renzo ne era cosciente e pur soffrendone professionalmente per l'etichetta che si ritrovava appiccicata, non si sottraeva all’ingrato ma ben remunerato compito - anche per un serio problema familiare che lo angosciò purtroppo tutta la vita - di girare tra tette e culi al vento. Sapendo che quello comunque era il suo destino e se non c’erano altre strade, vabbè sarebbe anche potuta andar peggio. La gente riempiva i cinema, faceva il pieno agli occhi, e si faceva pure quattro facili risate. Western, cinema sexy e calcio, eravamo fatti di questo strano blob. Ecco se oggi tutti avessimo consapevolezza che più o meno il quadro di fondo in cui il calcio si agita è questo, e non quello della geopolitica internazionale o della macroeconomia sovranazionale, riporteremmo tutto alla giusta dimensione. Ridando così a un rigore o un gol contestato, lo stesso effetto di quando al cinema inquadravano le tette della Edwige e il grande Renzo mugolava in fiorentino davanti a esse. Ogni volta che vedo tifosi e addetti ai lavori accalorarsi così tanto per un fatto di campo, vorrei dir loro: “Guarda che ti stai scaldando non per la giustizia dei popoli ma perché sei dentro “La moglie in vacanza… e l’amante in città”. “ Insomma sei da quelle parti, dunque vola basso. Se proprio vogliamo completare la sempre meritoria opera di dissacrazione del football asceso a un mix di religione, intrigo e guerra di potere, sappiate allora che nel caso del triangolo “Milan-Fonseca-Arbitro” abbiamo più o meno lo stesso schema della commedia cinematografica all’italiana, solo che la trama ancora non ci ha svelato chi sia il Cornuto. Ruolo fondamentale nella facile e popolaresca sceneggiatura. Se Fonseca, tradito dall’arbitro e per questo in forte difficoltà davanti al Milan con cui divide il tetto coniufgale. Se lo sia il Milan perculato da Fonseca stesso, il quale scarica sull’arbitro le colpe del suo fallimento. Se l’arbitro terzo incomodo stesso il quale l’avrebbe combinata talmente grossa e adesso subisce la vendetta di moglie e marito alleati. E via così in mille altri possibili intrecci e finali. Credo che quando fu introdotto il Var, alias moviola in campo, nessuno di noi immaginasse una tale mole di danni collaterali, di equivoci, strumentalizzazioni, illusioni, perfezionismi, negazionismi, cavillosità, turbolenze. Ogni domenica sera in tv sento teorizzare di giustizia, compatibilità, omogeneità, uniformità. Come se fossimo dentro un drama giudiziario americano. Gestire una partita di calcio oggi, dal prima al dopo, è assai più complicato di istruire un processo penale vero, con gli imputati che alla fine entrano in galera o si salvano dall'iniezione letale.. Ecco la figura di Fonseca che si è costruito negli anni l’immagine di Zorro, giustizierie mascherato e difensore dei diseredati, non coincide affatto con quella improvvisa di allenatore No Vax e Terrapiattista, che vede complotti arbitrali a favore dell’ Atalanta (una new entry nel genere), scie chimiche sopra la testa di De Ketelaere. e l’arbitro La Penna ritratto come Darth Vader. Non solo è un ruolo che non gli compete, ma non lo sa nemmeno fare, perché non si può scimmiottare il connazionale Mourinho se non si ha dentro lo stesso innato fuoco dell’ Anticristo. Sarò volgare, circondiamo l’immagine di Zorro Fonseca di quelle tette, culi e facce di Renzo Montagnani che hanno fatto la fortuna di un certo genere, quando si andava al cinema e alla partita con la stessa facilità e spensieratezza, e vedrete che tutto tornerà nella sua reale, concreta, vera, umana dimensione. La Commedia Sexy!***BLOOOOG! IL BAR SPORT DI FABRIZIO BOCCA
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  • Manchester City e Psg, lacrime di petrolio
    Nov 27 2024
    Anche i ricchi piangono lacrime di petrolio e forse gli sceicchi si staranno chiedendo adesso che c’azzeccano loro con il calcio.
    Le crisi sconvolgenti del Manchester City e del Paris Saint Germain, facenti capo ai grandi potentati economici degli Emirati Arabi e del Qatar, non vanno spiegate e argomentate, ma contemplate con reverenza religiosa. E anche sottile e perfida goduria. Come se il buon dio del calcio avesse finalmente scatenato un diluvio universale a riportare giustizia e a vendicare lo scempio di chi ha fatto del denaro un totem assoluto, il gol più importante. E trasformato il calcio in un’arena per lupi di Wall Street.
    Non si contano più i gol, ma i miliardi investiti per campioni, e passi, ma anche per solenni mezze sòle. Di fatto proiettando il football degli ultraricchi in un universo parallelo e inaccessibile, dal prezzo di ingresso proibitivo.
    Se il calcio oggi è diventato una questione di alta finanza internazionale, se ormai sul mercato non si vendono e comprano più solo calciatori ma club interi, facendo shopping di sentimenti, storia e tradizione centenaria, ebbene in parte è anche colpa loro che hanno aperto la strada ai raider del football e ai famigerati CEO che di calcio non capiscono un tubo ma sono lì solo per puro ed esclusivo business, propaganda politica e perfino il cosiddetto sportwashing.
    Ma arriva un momento in cui sul grande castello si aprono crepe e tutto sembra venire giù. Il Manchester City è di fronte a un clamoroso e storico processo sportivo che investirà la sua condotta negli ultimi anni, incolpato di aver barato sui limiti finanziari imposti dalla Premier League.
    Pep Guardiola c’è finito in mezzo perdendo anche se stesso. Dopo i 3 gol rimontati dal Feyenoord in Champions League ha praticato sul suo corpo addirittura atti di masochismo, per la prima volta in vita sua conosce l’onta delle sconfitte pesanti, degli schiaffoni e delle umiliazioni. Pensate allo shock se il City fosse condannato addirittura alla Serie B.
    Il Paris Saint Germain non ha accettato l’affronto di essere stato tradito da Mbappé per il Real, Luis Enrique porta sempre dentro di sé l’idea di un un calcio troppo cerebrale e non certo per tutti. Luis è un clamoroso separato in casa nel grande mondo del football: un incompreso che non capisce gli altri e gli altri non capiscono lui.
    I miliardi investiti dal Qatar non sono stati sufficienti ancora a vincere la Champions League, anzi dalla Champions il Psg ha preso spesso cazzotti e pernacchie. Nemmeno con Messi, Neymar e Mbappé tutti insieme ci sono riusciti. Accumulare campioni e grandi nomi così come vengono a cosa è servito rispetto alla colossali cifre investite? A franare in basso da sempre più in alto.
    In questi anni di calcio finanza si calcola che gli sceicchi di Manchester City e Psg abbiano investito nei loro club almeno cinque miliardi di dollari in calciatori, ma più per interessi politico finanziari che reale interesse per il football. Che è soltanto una delle tante rotelle della grande macchina mediatica e comunicativa di certi paesi dove la democrazia è solo un fastidio.
    E adesso che il football presenta il vero conto a questi ultra ricchi del pallone noi che veniamo dal calcio popolare e di strada, non possiamo che perfidamente sghignazzare e accogliere a braccia aperte la grazia ricevuta.
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  • O Ammazziamo il Tiki Taka o il Tiki Taka Ammazzerà il calcio
    Nov 25 2024
    O AMMAZZIAMO IL TIKI TAKA O IL TIKI TAKA AMMAZZERA' IL CALCIO
    L’orrendo Milan-Juventus 0-0 nella gelida notte di campionato a San Siro è stato bollata inevitabilmente come la partita più brutta e noiosa dell’anno.

    Una grande fregatura per come era stata presentata e ci era stata servita dalla tradizionale propaganda del football.

    Il problema però è che non esiste un calcio bello o brutto in assoluto. Se brutto e indecoroso poteva essere il preistorico catenaccio e contropiede che fu un marchio del calcio italiano - ma attenzione solo quando non si vinceva, perché nessuno si sognava di rinfacciarlo a Herrera per l’Inter e a Rocco per il Milan quando piovevano scudetti e Coppe dei Campioni - altrettanto brutto e indecoroso è però questo Tiki Taka patacca che i nostri allenatori cercano di scopiazzare dal genio di Guardiola e del fu Barcellona di Messi e Iniesta.

    Siamo di fronte a un gigantesco equivoco storico, per non dire addirittura una colossale presa per il culo. Il Tiki Taka fatto così, ostentato e insistito, origina solo calcio lento, orizzontale e mortifero; che può piacere e forse anche avere un senso per agli allenatori, ma non può certo accendere il pubblico.

    Si arriva al paradosso che catenaccio e TiKi Taka, che sono i due poli opposti dell’ideologia tattica, alla fine si ricongiungono. Non c’è più differenza, è lo stesso mezzo per arrivare allo stesso traguardo.
    Non può essere che tutte le volte tu allenatore alla moda, e faccio particolarmente riferimento a Fonseca e Motta che hanno comandato le leve della partita di San Siro, mi riproponi la stessa identica trama. E’ come andare ogni sera al cinema ma a vedere sempre e solo Blow Up di Michelangelo Antonioni.

    Ci vuole una fede assoluta, altrimenti la maggior parte cambierà canale e i giovani continueranno ad avere più motivazione nel guardare una partita di Sinner o Berrettini, che una grande partita di calcio che di fatto è una "sòla".

    Dai tempi di Arrigo Sacchi, altro genio del calcio e lo dico senza ironia, abbiamo introdotto nel football il possesso palla, le diagonali e altri mille spartiti o formule scientifiche che si ritiene possano far spettacolo e generare vittorie in provetta.

    Poi se la vittoria non arriva c’è sempre un alibi, un numeretto di qualche match analyst che scoverà il bug che ha inceppato questo calcio tutto intelligenza artificiale, e la colpa sarà quasi sempre di qualcun altro. Molto più semplicemente invece bisognerebbe inchiodare gli allenatori ossessionati dal Tiki Taka: hai giocato male e noi ci siamo pure rintontiti a guardare ‘sta roba che tu mi spacci per scienza.

    Non esiste in assoluto, dicevamo, un calcio bello e un calcio brutto, noioso o divertente. Però esiste sicuramente un calcio legato all’emozione e al sentimento. E’ quello che noi vogliamo.

    Anche uno 0-0 può essere straordinario, se vale uno scudetto o una salvezza, se ottenuto da una squadra clamorosamente inferiore all’altra, se guadagnato col famigerato pullman davanti alla porta perché l’altro è più bravo e ti ha schiacciato in area.

    Ma chi guida una grande squadra come il Milan o la Juventus ha il dovere di non anestetizzare il football, di provarci, di sbilanciarsi, di richiare. Insomma di non barare, spacciando per calcio quello che calcio non è.

    Fonseca col Milan e soprattutto Motta con la Juventus propongono oggi un calcio entusiasmante quando un merluzzo lesso. Noi non siamo allenatori, noi non siamo match analyst, non ci frega niente delle statistiche sui passaggi o sul possesso palla,, siamo tifosi o comuni spettatori.

    Noi da una squadra di calcio vogliamo emozione, vogliamo sussultare allo stadio o in salotto. La soluzione per noi umili teleutenti che il calcio in tv lo paghiamo e pure caro è solo una: o ammazziamo il Tiki Taka o il Tiki Taka ammazzerà il calcio.
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  • Var Games
    Nov 22 2024
    VAR GAMES
    Arbitri, Var e sospetti. Il ritorno del campionato ci pone davanti alle accuse eternamente irrisolte e che Antonio Conte ha rinnovato: i retropensieri sulla moviola in campo. l’applicazione del famigerato protocollo, chi ricorre al Var e chi no, quando lo si fa e quando lo si ignora.
    Insomma sperduti dentro un labirinto. Paolo Casarin, mitico ex arbitro, propone il ritorno dell’arbitro sceriffo a evitare che il Var vada a caccia del nulla e inventi rigorini a magnificare il ruolo di chi sta davanti a un monitor e non in campo.
    Altri invece, a svelenire il calcio, auspicano che l’Intelligenza Artificiale intervenga a sostituire del tutto l’arbitro per evitare errori e manipolazioni. E’ fantascienza? Beh, a dire il vero non è poi un futuro così lontano.
    Tutto quello che c’è da sapere e l’accesa discussione, su Bloooog.it, il Bar Sport di Fabrizio Bocca. Hasta Luego!
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  • Lele Supercazzola
    Nov 20 2024
    IL CATTIVO - LELE SUPERCAZZOLA
    Se Daniele Adani ha grande successo come commentatore, ma dico di più come maitre a penser di calcio in TV, ci sarà un motivo.
    Evidentemente affabula, come ha potuto farlo, in un certo lasso di tempo, Grillo in politica, e i suoi "vaffanculo day"; Oscar Farinetti nei food che significa un etto di prosciutto euro 6,50; Bruno Barbieri nell’ “hôtellerie”, che prima che arrivasse “4 Hotel”, manco si sapeva cz..o fosse l’ “hôtellerie”; o la Ferragni nel fashion, che è un mondo di maglioncini di cashmere da 500 euro fino al massimo della taglia 50; oppure ancora Vittorio Sgarbi, straordinario critico d’arte rinascimentale e prodigo distributore di epiteti e “capra!” ai malcapitati…
    Poi finita la finzione, passata la moda, girata la telecamera altrove, esaurito il booster dei social, il Movimento 5 Stelle precipita al 3%, anche Fico Eataly World può chiudere, l’egocentrico Barbieri sbatte nella stroncatura di Aldo Grasso, la Ferragni finisce nell’impastatrice del pandoro, Sgarbi incappa in un quadro rubato e - oops - ritrovato e pure falsificato tra le sue collezioni.
    Insomma un certo tipo di fama e di prestigio che cresce esponenzialmente può essere assai infido, effimero e traditore. Se Daniele Adani, la superstar dei commentatori del football tv, così manicheo da dividere il football in bene e male, inventore di un pittoresco grammelot calcistico alla Dario Fo, un giorno ci restituirà il calcio nel suo mistero e nella sua ineluttabilità, senza pretendere ogni volta di illuminarcelo come Sant’Agostino o Galileo, forse si salverà dalla rovinosa capitolazione dall’alto della sua presuntuosa Supercazzola.
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  • I Robinson e la terza volta di Ranieri "Core de Roma"
    Nov 14 2024
    "Zio Claudio salvaci tu". Dunque, Claudio Ranieri, in Inghilterra detto “tinkerman”, praticamente l’aggiustatutto come la vecchia colla Artiglio degli scomparsi calzolai, sulla panchina della Roma. E chi altri se no? Perché è un grande allenatore - di 73 anni, s’era già ritirato ufficialmente dopo aver salvato il Cagliari - ma pure perché è “Core de Roma”, viene da Testaccio, è romanista, non ha inconfessabili contaminazioni laziali, nella Roma ha cominciato da ragazzino e l’ha pure già allenata due volte. Facciamo tre e non se ne parli più. Praticamente il Sor Claudio riassume perfettamente tutti gli stereotipi e i luoghi comuni che il calcio, essendo pratica stregonesca più che strategica, richiede. In particolar modo a Roma, dove il football è antico rito pagano.
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    Qui l'articolo sul ritorno di Ranieri alla Roma
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  • Mancini, lo Sceicco Biondo torna a casa
    Oct 25 2024
    La notizia che lo Sceicco Biondo Roberto Mancini ha già perso il suo regno nel deserto va accolta con un certo spudorato, svergognato e compiaciuto sadismo...
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