
S1E20 Perché ho iniziato a studiare i percorsi (e tu dovresti farlo)
Failed to add items
Add to basket failed.
Add to Wish List failed.
Remove from Wish List failed.
Follow podcast failed
Unfollow podcast failed
-
Narrated by:
-
By:
About this listen
Ciao runner,
ci sono voluti anni, chilometri e qualche errore di valutazione per capire che prepararsi a una gara non significa solo allenarsi bene. A un certo punto, ho capito che conoscere il percorso può cambiare radicalmente il modo in cui lo affronti. Non parlo solo di sapere quanti chilometri mancano all’arrivo, ma di imparare a leggere il tracciato, a riconoscere in anticipo dove ti metterà alla prova e dove, invece, potresti rifiatare o osare.
È un approccio che ho iniziato quasi per caso — una volta mi ero iscritto a un trail e avevo sottovalutato completamente una lunga discesa tecnica nel finale. Lì ho capito che sapere cosa ti aspetta non è “da maniaci del controllo”: è semplice buon senso. Oggi ti racconto perché fare la ricognizione del percorso, anche solo virtuale, può davvero diventare una delle tue armi migliori.
Un percorso non è mai neutro. Ogni gara ha una sua geografia, un suo ritmo interno, che spesso non emerge guardando solo il chilometraggio. Col tempo ho imparato a leggere le altimetrie con lo stesso interesse con cui studiavo le tabelle di allenamento. E sai cosa ho scoperto? Che sapere, ad esempio, che al 18° km c’è un cavalcavia fastidioso, o che al 32° inizia una salita costante, può cambiare il modo in cui gestisci tutto ciò che viene prima.
Non si tratta di “paura” del percorso, ma di rispetto. Sapere dove sarà più difficile ti aiuta a evitare di sprecare energie prima, a risparmiare qualcosa per quel tratto dove quasi tutti calano, ma tu — che lo aspettavi — puoi tenere.
Quando ho la possibilità, vado a vedere il percorso dal vivo. A volte anche solo una parte: magari gli ultimi 5 km, o la salita più lunga. Non serve sempre fare il percorso completo. Quello che cerco è una sensazione reale: com’è il fondo? Quanto spinge davvero quella pendenza? Dove mi sembrerà lungo anche solo un chilometro?
Non sempre si può, lo so. Quando non è possibile, studio mappe, profili altimetrici, video, e chiedo a chi ha già corso quella gara. Non mi interessa tanto la velocità a cui hanno corso, ma cosa hanno notato, dove hanno avuto un calo, cosa non si aspettavano. Le testimonianze sono spesso più preziose dei dati.
Conoscere il percorso serve anche a un altro scopo, spesso trascurato: ridurre l’incertezza. In gara, quando si accumula stanchezza, ogni dettaglio sconosciuto può trasformarsi in una montagna. Ho visto runner andare in crisi su un sottopasso solo perché non se lo aspettavano. Se invece sai che arriva, diventa solo un passaggio in più.
Fare ricognizione è un allenamento mentale. Significa prefigurarsi la gara in anticipo, sapere quando potrai bere, dove sarà meglio mangiare, quando ti conviene non forzare anche se ti senti bene. È come avere una piccola mappa mentale da seguire, che ti aiuta a non perdere la bussola quando le gambe iniziano a fare i capricci.
Continua su Unodi300.it