• Curiosa Meravigliosa
    Sep 18 2024
    Joan Fontcuberta nacque a Barcellona nel freddo febbraio del 1955, avvolto fin da giovane nelle maglie strette del regime franchista. Crescendo, imparò presto a muoversi in un mondo dominato da propaganda, repressione, censura e controllo dell’informazione. Ma mentre attorno a lui si respirava oppressione, dentro di lui germogliava un interesse vivace per la fotografia, un mezzo che decise di stravolgere, usando l’obiettivo per giocare con i confini tra realtà e finzione. Nel 1980, un giovane e curioso Fontcuberta sbarcò a Reggio Emilia e si imbatté nella straordinaria Collezione Naturalistica Spallanzani, custodita nel Palazzo dei Musei. Quella visita casuale si rivelò un punto di svolta, portandolo a tornare più volte nella città emiliana. La sua presenza si fece notare in numerose edizioni del Festival Fotografia Europea, spesso con opere ispirate proprio dal museo. Per la quarta edizione del Festival, nel 2009, Joan Fontcuberta presentò una serie innovativa chiamata “Googlegrammi”. Per crearla, l’artista utilizzò delle foto iconiche della contemporaneità, ricreandole come mosaici fotografici composti da circa 9000 immagini pescate su Google. Usando un elenco di parole chiave, Fontcuberta e i suoi collaboratori ricomposero le immagini secondo criteri cromatici, come se fossero tanti pixel, grazie a un software specifico (MacOsaix) sviluppato dallo stesso artista. Uno degli esempi più noti di Googlegrammi è uno scatto che ritrae un’azione di Greenpeace per salvare i delfini in acque contaminate, composto da foto legate alle multinazionali chimiche accusate di aver inquinato gli oceani. Quest’opera è ora esposta nell’atrio del Palazzo dei Musei. La stessa tecnica innovativa fu usata per l'opera "Curiosa Meravigliosa", un imponente foto-mosaico composto da oltre 10.000 fotografie inviate dai cittadini e mescolate a immagini delle collezioni del museo. La vera differenza rispetto ai Googlegrammi risiede nella partecipazione del pubblico, invitato a collaborare alla creazione di un pezzo d’arte pubblica che celebra la meraviglia e la curiosità. Il risultato è un grande album di ricordi all'aperto, dove la curiosità di ritrovare le proprie foto si fonde con lo stupore di scoprire l’opera finale, un moderno puzzle che forma una figura nuova e sorprendente. L'opera rappresenta un pavone, la cui figura elegante si adatta perfettamente alla facciata esterna del museo. Questo pavone, già parte della collezione naturalistica del museo, simboleggia una sorta di fenice che rinasce dalle ceneri, un simbolo di rinascita che ha ispirato molti reggiani a partecipare al progetto durante il difficile periodo pandemico. Monumentale per il suo impatto architettonico e l’innovatività artistica, "Curiosa Meravigliosa" è composta da 30 lastre di gres porcellanato foto-impresse, ognuna delle dimensioni di 120x240cm, che si integrano con l'architettura esistente e completano il progetto di riqualificazione del museo. La creazione e l’installazione dell’opera, alta ben sedici metri, sulla facciata del Palazzo dei Musei sono frutto della sinergia tra il Comune di Reggio Emilia e l’azienda Marazzi, leader mondiale nel settore ceramico. La divisione specializzata Marazzi Engineering ha seguito la produzione delle ceramiche e ha ospitato Fontcuberta durante le fasi di produzione e stampa digitale.
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  • RCF Arena Campovolo - La musica prende il volo
    Sep 18 2024
    In un angolo storico di Reggio Emilia, tra le tracce di un passato bellico e l’eco di antiche officine, sorge oggi la più grande arena spettacoli d’Europa: la RCF Arena /Campovolo, capace di accogliere fino a 100.000 persone. Tutto ebbe inizio nel 1916, in piena Prima Guerra Mondiale, quando l'Aeroporto di Reggio Emilia nacque come campo di collaudo per gli aerei militari. Negli anni '30, il destino dell’aeroporto si intrecciò con quello delle Officine Meccaniche Reggiane, incaricate di progettare e costruire velivoli. Il "campovolo" non era altro che il campo di prova per questi aerei. La fine della guerra portò distruzione: bombardamenti alleati ridussero in macerie sia il campovolo che le Reggiane. Con la pace, la divisione aeronautica delle Reggiane chiuse i battenti. Tuttavia, nel 1946, l'Aeroclub di Reggio Emilia venne fondato, e iniziarono i lavori di bonifica bellica del sito aeroportuale. L’aeroporto rinato fu destinato ad attività diportistiche. Il 21 ottobre 1969, su impulso degli enti locali, venne costituita la società aeroporto. Per i successivi 25 anni, l'aeroporto visse un periodo di attività minori, lottando per sopravvivere a causa degli alti costi di gestione e delle scarse entrate. Fu in questi anni che Campovolo acquisì un nuovo significato. A Reggio Emilia, Campovolo divenne sinonimo di grandi raduni. Il 18 settembre 1983, una folla oceanica di oltre un milione di persone si riunì per ascoltare Enrico Berlinguer. Già due anni prima, il Partito Comunista aveva scelto l'area per ospitare la Festa dell'Unità, coinvolgendo numerosi volontari. Da quel momento, Campovolo divenne teatro di eventi e concerti memorabili. Negli anni '80, artisti come Vasco Rossi, The Clash, Zucchero e Lucio Dalla calcarono il palco di Campovolo. Con il festival Monsters of Rock, arrivarono anche leggende come Iron Maiden e Black Sabbath. Molti concerti si svolsero nell'area adiacente alla pista di atterraggio, ma ci furono eventi così grandi da occupare l'intera pista. Nel 1997, Reggio Emilia accolse gli U2 in un evento mondiale con 146.000 spettatori paganti. Un record superato solo nel 2005 da un artista locale, Luciano Ligabue, che richiamò 165.000 persone. Ligabue tornò a Campovolo nel 2011 e nel 2015, e nel 2012 organizzò un concerto benefico per i terremotati dell’Emilia, coinvolgendo 12 artisti, tra cui Zucchero. Nonostante i tentativi degli anni '90 di rilanciare l’aeroporto come scalo commerciale, l'infrastruttura non decollò. Così nacque l’idea di dedicare l'area ai grandi eventi. Nel 2016, il progetto di un' arena spettacoli prese vita, integrando le due anime del luogo: l'aeroporto e gli eventi. Campovolo è oggi RCF Arena, una struttura permanente progettata per garantire massima visibilità, sicurezza e acustica. Il progetto include due aree distinte: il boulevard d’ingresso, destinato a eventi minori e attività espositive, che accompagna i visitatori fino all’arena, e l’Arena spettacoli, il cuore del progetto. Una collina verde con una pendenza del 5% ospita cinque settori, con il palco posizionato al livello più basso per un’ottimale visuale. Oggi, con la RCF Arena ,Reggio Emilia è diventata un punto di riferimento per il turismo musicale, incarnando la capitale della Music Valley emiliana.
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  • Museo di Storia della psichiatria
    Sep 18 2024
    C'era una volta lungo la storica via Emilia, nell'area dell'ex Ospedale psichiatrico San Lazzaro, un edificio che racchiudeva storie di sofferenza, ricerca e controversie. Questo luogo, ora parte di un vivace campus universitario, è il Padiglione Lombroso. Costruito nel 1891 come reparto per malati cronici tranquilli, venne inizialmente dedicato ad Antonio Galloni, il primo direttore dell'ospedale. Nel 1910, il padiglione subì una trasformazione significativa. Diventò un rifugio per “pazzi criminali dimessi” e “detenuti alienati”, e venne ribattezzato in onore di Cesare Lombroso, un controverso pioniere dell'antropologia criminale. Tra le sue mura, dal 2 marzo 1945 al 6 dicembre 1948, trovò rifugio anche il pittore Antonio Ligabue, la cui presenza aggiunse un ulteriore strato di storia a questo luogo già ricco di memorie. Col passare degli anni, a partire dal 1972, il Padiglione Lombroso venne progressivamente abbandonato. Tuttavia, nel 2012, grazie a un attento progetto di restauro, riaprì le sue porte al pubblico, trasformandosi in un museo capace di evocare l'atmosfera unica e complessa che lo aveva pervaso nei decenni precedenti. I lavori di restauro conservarono con cura i graffiti eseguiti dai pazienti, testimonianze silenziose di vite vissute ai margini. Oggi, l'edificio non è solo un museo, ma un vero e proprio contenitore di storie, dove ogni muro racconta frammenti di un passato intriso di sofferenza e speranza. Al piano terra, le celle espongono strumenti scientifici, di contenzione e di terapia, che rivelano le pratiche quotidiane basate su teorie che vedevano i pazienti come “malati pericolosi per la comunità”. Tra gli oggetti in mostra, si possono vedere camicie di forza, macchine per l'elettroshock, i famigerati “caschi del silenzio” e un dispositivo per il “bagno di luce”, progettato con l’intento di produrre un effetto analgesico sui pazienti. Nei tre grandi saloni che precedono le celle, una narrazione dettagliata illustra la storia del San Lazzaro e il suo ruolo cruciale nella storia della psichiatria. Per molti anni, questo istituto reggiano fu uno dei presidi più importanti d'Italia, intrecciando la sua storia con quella della medicina mentale. Oggi, visitare il Padiglione Lombroso è come fare un viaggio nel tempo, esplorando le complesse dinamiche di un'epoca in cui la psichiatria era ancora in fase di definizione. Ogni angolo del museo racconta storie di persone, teorie e pratiche che, nel bene e nel male, hanno plasmato il trattamento dei disturbi mentali.
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  • Officine Meccaniche Reggiane
    Sep 18 2024
    Nel quartiere Santa Croce di Reggio Emilia, un tempo risuonavano i martelli e le macchine delle storiche Officine Meccaniche Reggiane, fondate nel 1904. Oggi, quegli stessi spazi vibrano di nuova vita come parte del Parco Innovazione, un progetto che unisce passato, presente e futuro in un'unica visione. Le Officine Meccaniche Reggiane nacquero come stabilimento ferroviario, ma durante la Prima Guerra Mondiale si trasformarono in una fabbrica bellica. Negli anni Trenta, le Reggiane crearono un vasto reparto Avio, producendo motori e aerei da guerra come il Re 2001, e impiegando oltre 11.000 operai. Questa produzione, tanto apprezzata quanto temuta, portò gli Alleati a bombardare l'area delle Reggiane il 7 e 8 gennaio 1944, colpendo sia i reparti industriali che obiettivi civili. Dopo la guerra, le Officine divennero il teatro di una dura lotta sociale. Tra il 1949 e il 1951, gli operai occuparono gli stabilimenti per 368 giorni, tentando invano di evitare i licenziamenti di massa che segnarono la fine dell'epoca d'oro delle Reggiane. Negli anni '50, la produzione si concentrò su materiali ferroviari e impiantistica, fino alla chiusura definitiva nel 2008. Dal 2010, il Parco Innovazione ha trasformato questi spazi storici in un polo di ricerca e sviluppo. Il Capannone 19, ora sede del Tecnopolo, è un centro nevralgico per la meccatronica, l'agroalimentare, l'energia e l'ambiente, oltre a ospitare start-up. Nel Capannone 18, aziende innovative portano avanti programmi di ricerca, mantenendo vivo lo spirito industriale delle ex Officine. Il restauro del Capannone 18 ha preservato l'essenza storica dell'edificio, mantenendo le tracce del passato come macchie, scritte e imperfezioni. All'interno della struttura, nuovi volumi in legno creano un paesaggio di uffici e laboratori, dove terrazze e ponti promuovono la collaborazione, in linea con la filosofia del Parco Innovazione e l'economia della conoscenza. La riqualificazione del Capannone 17 è parte di un più ampio progetto di recupero dell'area delle Reggiane, con l'obiettivo di restituire a questa zona storica nuove funzioni di alta qualità ambientale e attrattività per imprese e ricerca. Il Capannone 15A, riconoscibile per la grande scritta gialla “Reggiane”, ha ospitato fino al 2008 la produzione di gru portuali. Oggi, la sua riqualificazione leggera lo rende uno spazio dedicato a eventi e spettacoli. Il progetto del Capannone 15 B/C, situato in una posizione privilegiata lungo la ferrovia, espande ulteriormente il Parco Innovazione. Qui, nuovi spazi ospiteranno imprese e il quarto polo universitario di Reggio Emilia, incarnando la fusione tra memoria e innovazione tipica del Programma di Rigenerazione Urbana Reggiane/Santa Croce. Oggi, le Reggiane sono anche il più grande laboratorio di street art d'Europa. Nonostante alcuni capannoni siano ancora inagibili, i murales che adornano l'area riqualificata del Tecnopolo e dei Capannoni 17 e 18 attirano artisti da tutto il mondo. Questo straordinario progetto collettivo è nato spontaneamente, evolvendosi in una vibrante testimonianza di creatività e rinascita. In questo affascinante viaggio attraverso il tempo, le Officine Meccaniche Reggiane si sono trasformate da simbolo industriale a icona di innovazione, continuando a scrivere la storia di Reggio Emilia con nuove pagine di eccellenza e creatività.
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  • Fondazione Reggio Children - Centro Internazionale Loris Malaguzzi
    Sep 18 2024
    Negli anni '60 del secolo scorso, iniziava a prendere forma a Reggio Emilia una rivoluzione silenziosa ma potente. Le prime Scuole per l'Infanzia, fondate in quel periodo, segnarono l'inizio di un movimento che avrebbe portato la città a diventare un faro internazionale di una cultura dell'infanzia rispettosa dell'identità di ogni bambino e promotrice dei loro diritti e potenzialità. Dietro questa innovazione c'era Loris Malaguzzi (1920-1994), un pedagogista visionario che dedicò la sua vita a creare un sistema educativo senza precedenti. Le sue idee rivoluzionarie diedero vita a una rete di asili nido e scuole dell'Infanzia che oggi continua ad essere un modello studiato e ammirato da educatori di tutto il mondo. Nel 1994, queste idee si concretizzarono ulteriormente con la nascita di Reggio Children e del Centro Internazionale Loris Malaguzzi, un'istituzione impegnata nella formazione e nella ricerca educativa in collaborazione con università, centri di ricerca e fondazioni a livello globale. Nel 2006, il Comune di Reggio Emilia assegnò al Centro Internazionale i 12.000 mq dell'ex Complesso Locatelli, un'industria casearia che era stata motivo di orgoglio per la città. Situato nel quartiere Santa Croce, questo esempio ben conservato di architettura industriale degli anni Venti del Novecento è diventato un simbolo di rigenerazione urbana e archeologia industriale nell'area Nord della città. A pochi passi da lì, si trova l'ex Mangimificio Caffarri, con il suo iconico impianto ‘a torre’. Questo edificio, originariamente parte delle Officine Meccaniche Reggiane e utilizzato come falegnameria per la costruzione di treni e aerei da guerra, venne convertito negli anni '60 a mangimificio e ampliato. Recentemente, è stato oggetto di un progetto di rigenerazione e in parte affidato alla Fondazione Reggio Children. All'interno, la navata unica attraversata da colonne di mattoni profilate in ferro e dominata da due grandi silos conserva l'identità industriale, mentre ospita innovativi laboratori di ricerca. L'allestimento del Mangimificio è in continua evoluzione, con arredi mobili e contesti fluidi che favoriscono il dialogo e l'interazione tra le attività della Fondazione Reggio Children e di Remida. Questo spazio accoglie bambini, studiosi, giovani, famiglie e cittadini di tutte le età e provenienze, creando un ambiente dinamico e inclusivo. I silos esterni del Mangimificio sono diventati una tela per il grande artista David Tremlett. La sua opera d'arte contemporanea decora la facciata dell'ingresso e i 13 grandi silos, trasformandoli in un segno visibile di un luogo dedicato alla formazione e all'aggregazione della comunità. In ogni angolo del Centro Internazionale Loris Malaguzzi, si respira l'eredità di un uomo che ha cambiato per sempre il modo di vedere l'infanzia e l'educazione, creando un luogo dove l'innovazione e la tradizione si incontrano per plasmare il futuro.
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  • Fonderia Aterballetto
    Sep 18 2024
    La Fondazione Nazionale della Danza Aterballetto è il primo Centro Coreografico Nazionale d'Italia, riconosciuto ufficialmente dal Ministero della Cultura nel 2022. Questo luogo non è solo un centro di danza, ma un vibrante epicentro di creatività dove la danza contemporanea si intreccia con altre forme d'arte. Appena fuori dal centro di Reggio Emilia, la Fondazione ha trovato casa in un'antica fonderia dei primi del Novecento, un tempo utilizzata per la fusione dei metalli. Dal 2004, questo spazio è rinato grazie a un attento recupero architettonico, preservando l'essenza industriale del complesso della Lombardini Motori. Impianti a vista, finiture grezze e pavimenti in stile industriale creano un'atmosfera unica, simile a quella di una grande cattedrale romanica dove il ferro e il vetro dominano la scena. Di giorno, l'edificio risplende di luce, mentre la sera si trasforma in un luogo misterioso e affascinante. Le tre sale prova - Fucina, Fusione e Formatura - mantengono vivo il legame con il passato industriale del luogo. Nel 2006, l'ampio spazio verde a sud dell'ex Fonderia è diventato la dimora di un'opera contemporanea di Eliseo Mattiacci, Danza di Astri e di Stelle. Tre grandi lastre che sembrano comunicare con l'infinito, come pagine di un antico libro di astronomia, incise con segni che evocano una visione misteriosa del cosmo in continua esplorazione. Oggi, il Centro Coreografico Nazionale/Aterballetto è un faro di innovazione, aperto alla pluralità di stili e alla sperimentazione con le nuove tecnologie digitali. Cosmopolita, curioso dinamico, le sue produzioni riscuotono successo nei più prestigiosi teatri e festival italiani e internazionali. La Fonderia Aterballetto non è solo un luogo, ma un viaggio attraverso l'arte, la storia e la magia della danza.
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  • Piazza dei Martiri del 7 luglio e Piazza della Vittoria
    Sep 18 2024
    La storia di Piazza Martiri è segnata da un tragico evento che risale al 7 luglio 1960. In quella fatidica giornata, una manifestazione sindacale si trasformò in un incubo quando cinque operai reggiani furono uccisi dalle forze dell'ordine. Questo doloroso ricordo è immortalato nel monumento di Giacomo Fontanesi, eretto proprio nel luogo dove, già dal primo anniversario della strage, la gente iniziò a deporre fiori e fotografie in memoria delle vittime. Passeggiando per Piazza dei Martiri e per Piazza della Vittoria, che si congiungono senza soluzione di continuità, avrai l'impressione di camminare in un unico vasto spazio, vivace e costantemente animato da eventi e iniziative cittadine. Tra gli edifici che si affacciano su questo spazio troverai il maestoso Teatro Municipale Valli. La sua facciata armoniosa fa da sfondo alla grande fontana a pavimento, creando un quadro perfetto. A est, il Palazzo dei Musei si erge con la sua lunga facciata, affiancato dalla Chiesa di San Francesco, che ha subito numerosi rimaneggiamenti nel corso dei secoli. Di fronte al museo, il Monumento alla Resistenza, inaugurato il 25 aprile 1958, cattura l'attenzione con la sua struggente rappresentazione degli ultimi istanti di vita di un gruppo di vittime del nazifascismo, opera dello scultore Remo Brioschi. Sul lato nord della piazza sorge un altro importante simbolo: il Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale. Realizzato dallo scultore parmense Alberto Bazzoni negli anni Venti, questo monumento fu voluto dalle autorità cittadine per onorare i sacrifici dei soldati. In passato, in questa stessa area, si trovava l'antica Cittadella, centro del potere militare della città, demolita nella metà del 1800 e sostituita dal Parco del Popolo. Nelle vicinanze della piazza, numerosi edifici di rilievo contribuiscono a delineare il carattere storico e culturale della zona. Il Teatro Ariosto, con la sua eleganza, la facciata e la guglia neogotiche della Galleria Parmeggiani, la sede dell'Università di Modena e Reggio Emilia situata nell'ex Caserma Zucchi, e il Teatro Cavallerizza sono solo alcuni dei gioielli architettonici che arricchiscono l'area. Sul lato sud, l'isolato San Rocco, costruito negli anni Cinquanta del XX secolo, ha preso il posto dei demoliti Portici della Trinità, aggiungendo un tocco moderno al tessuto urbano.
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  • Piazza Fontanesi
    Sep 18 2024
    Piazza Fontanesi, incorniciata da maestosi alberi e abbracciata da portici accoglienti, si trasforma al calar del sole. I locali, rinomati per la loro atmosfera e qualità, si riempiono di risate e conversazioni, mentre il sabato mattina, il Mercato del Contadino richiama una folla variegata e animata. Ma Piazza Fontanesi è molto più di un semplice luogo di incontro. La sua storia affonda le radici nel 1783, quando un intero isolato - comprendente abitazioni, la chiesa di Santa Maria Maddalena e il suo convento - fu raso al suolo per creare questo ampio spazio. Alla fine del XIX secolo, i grandi alberi che oggi dominano la piazza furono piantati, e la piazza fu dedicata ad Antonio Fontanesi, un pittore e incisore reggiano. Fontanesi, uno dei più sensibili artisti romantici italiani, si dedicò principalmente alla pittura di paesaggi e ottenne la cattedra di paesaggio all'Accademia Albertina di Torino, dove creò capolavori come “La Solitudine”, ora custodito nel Palazzo dei Musei di Reggio Emilia. Passeggiando per la piazza, è impossibile non notare i dettagli storici che la arricchiscono. Sul marciapiede del lato nord, sono riemerse le "braccia reggiane", antiche unità di misura utilizzate per il commercio durante i giorni di mercato. A ovest, la pavimentazione in acciottolato rievoca il corso del Canale del Guazzatoio, che un tempo scorreva a cielo aperto, alimentando i numerosi opifici della zona. Le case che affacciano sulla piazza raccontano anch'esse storie affascinanti. Al numero 8, la loggia della casa del pittore Gaetano Chierici cattura l'attenzione con la sua eleganza. Poco più in là, al civico 7, un dipinto del XIX secolo raffigurante la Madonna con Bambino e Santi abbellisce una lunetta tra due archi. E poi, alla fine dell'attuale via Guazzatoio, si erge il "bastione", l'unico frammento rimasto delle mura duecentesche che un tempo cingevano la città. Questo "bastione", anche noto come "porta Castello", conserva ancora le tracce della grande arcata ogivale, un tempo uno degli ingressi principali alla città antica.
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