Netanyahu non vuole vincere: vuole restare cover art

Netanyahu non vuole vincere: vuole restare

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Netanyahu parla di «conquista totale» di Gaza, ma la realtà lo smentisce ogni giorno. È il paradosso di una guerra che si racconta come già vinta mentre continua a fallire, sotto gli occhi stanchi dei comandi militari e la retorica furiosa di un premier che cerca consenso nel sangue. A nove mesi dall’inizio dell’operazione, Hamas non è stata distrutta, gli ostaggi non sono stati liberati, la Striscia non è sotto controllo. Secondo fonti dell’IDF, «Israele occupa solo una parte minima del territorio» e nei quartieri chiave «Hamas mantiene presenza e servizi civili».
Ma Netanyahu insiste. Parla alla pancia della destra messianica, promette sicurezza e vittoria, mentre Rafah è stata divisa dal resto di Gaza con un nuovo corridoio militare – il terzo – e si affonda nel disastro umanitario. Il sistema crolla: ospedali chiusi, aiuti bloccati, blackout imposti come arma. Ma l’unico piano che il governo sembra avere è continuare la guerra. E pazienza se il costo si misura in bambini denutriti, famiglie in fuga e città rase al suolo. Anche la diplomazia è paralizzata, stritolata tra cinismo e propaganda.
Intanto i generali si defilano. L’IDF chiede un’uscita strategica, ma il potere politico vuole la resa incondizionata. E mentre gli alleati tacciono, mentre gli ostaggi restano ostaggi, Netanyahu sale sui podi a dichiarare vittorie che non ci sono. Il risultato è una guerra che si perpetua per mantenere il potere e una menzogna che si autoalimenta: la conquista di Gaza come finzione necessaria, perché non c’è alcun progetto per il dopo. Né politico, né umano. Solo un vuoto. Armato. E feroce.

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