
A Netanyahu la reputazione brucia più dei civili
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L’attacco all’Iran non è soltanto un’operazione militare. È una manovra mediatica. Serve a riscrivere la narrazione: da carnefice a vittima, da Stato assediante a Paese aggredito. Così, nel cuore di un’opinione pubblica ormai stanca della complicità, Israele tenta di riprendersi la scena invocando ancora una volta la minaccia esistenziale e il diritto alla difesa.
Ma questa volta non basta. La legittimità dell’attacco preventivo, motivato da informazioni di intelligence che nessuno può verificare, ricorda le falsità con cui fu giustificata la guerra in Iraq. Con una differenza: oggi, la credibilità degli Stati Uniti e di Israele è già logorata, e il loro doppio standard – per cui Teheran viola i trattati sul nucleare ma Tel Aviv nemmeno li firma – è diventato insostenibile.
Netanyahu non cerca sicurezza, ma consenso. Dentro Israele, ha bisogno di guerra per mantenere il potere. Fuori, ha bisogno di alimentare il caos per sembrare l’unico in grado di governarlo. Ma il Medio Oriente non è un laboratorio per ambizioni personali. È fatto di popoli che esistono, soffrono, reagiscono. E che pagano il prezzo delle guerre usate come propaganda. Come i bambini bombardati ieri nell’ospedale pediatrico di Teheran.
#LaSveglia per La Notizia
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