
Pulizia etnica per asfissia: il piano israeliano metro dopo metro
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Nel fango di Al-Mawasi o tra le rovine di Gaza City si vive senza spazio, senza acqua, senza pudore. C'è chi dorme tra i rifiuti, chi accende fuochi bruciando plastica, chi ha un solo gabinetto per 200 persone. Le donne smettono di bere per non dover urinare, evitano di partorire, smettono di allattare. Non è sopravvivenza, è umiliazione sistematica.
Le Nazioni Unite parlano di emergenza sanitaria. Le testimonianze parlano di dignità ridotta in briciole. “Non tolgo mai il velo, nemmeno per dormire”, dice una donna, “è l’unica cosa che mi resta”. I bambini crescono senza scuola, coperti di punture, bruciati da acqua bollente o dal fuoco. Il sole cuoce le tende. Le zanzare escono di notte, le bombe anche.
Non è la “guerra al terrorismo”. È la guerra alla vita. Un assedio che scava nella pelle, nei corpi, nella psiche. E l’Occidente guarda altrove, ancora una volta. Aspetta una tregua che servirà solo a ridisegnare meglio il prossimo inferno.
Questo è il piano: svuotare Gaza centimetro per centimetro, fino a che nessuno possa più chiamarla casa. Senza sparare un colpo. Basta stringere il recinto. E poi fingere che non stia succedendo niente.
#LaSveglia per La Notizia
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