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La Sveglia di Giulio Cavalli

La Sveglia di Giulio Cavalli

By: Giulio Cavalli
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Dal lunedì' al venerdì, ogni mattina, la sveglia per il quotidiano La Notizia. E poi le letture. E tutto quello che ci viene in mente.

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Politics & Government
Episodes
  • Ma noi abbiamo visto già tutto
    Aug 12 2025
    L’ultimo atto della notte di San Lorenzo, a Gaza, non è stato uno spettacolo di stelle cadenti. È stata la luce livida di un’esplosione a illuminare la tenda di Al Jazeera accanto all’ospedale di al-Shifa, dove Anas al-Sharif e altri cinque membri della redazione sono stati uccisi. Un giornalista che aveva trasformato il suo obiettivo in testimonianza quotidiana del genocidio, e che per questo era stato indicato come “bersaglio” da una campagna diffamatoria dell’esercito israeliano. La sua unica arma era la verità, e l’ha pagata con la vita.
    Israele sostiene che “si spacciasse per giornalista” e che fosse con Hamas. È la stessa strategia che, da Shireen Abu Akleh in poi, cerca di neutralizzare le voci scomode prima di eliminarle fisicamente. La sequenza è sempre più chiara: prima la delegittimazione, poi il fuoco. La guerra di Benjamin Netanyahu non si limita a radere al suolo Gaza; punta a cancellarne anche la memoria, eliminando chi potrebbe trasmetterla al mondo.
    Mentre la fame uccide già cento bambini, mentre gli aiuti vengono colpiti e le “zone sicure” bombardate, il premier israeliano annuncia un’operazione ancora più vasta, ringrazia Donald Trump per il sostegno e respinge come “menzogne globali” le accuse di genocidio. In parallelo, dal 31 agosto, la Global Sumud Flotilla salperà con decine di imbarcazioni per rompere il blocco e consegnare aiuti, sostenuta da attivisti di oltre 44 Paesi.
    In fondo, la morte di Anas e dei suoi colleghi dice già tutto: non è un “effetto collaterale” ma il cuore stesso di una strategia che teme i testimoni più delle armi. Ma noi abbiamo visto già tutto.

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  • Netanyahu uccide, l’Europa paga, gli USA proteggono
    Aug 11 2025
    La guerra a Gaza ha consumato ogni brandello di umanità. Le cronache di questi giorni raccontano un orrore ciclico, una devastazione silenziosa che piega corpi e speranze. Il piano di Netanyahu — una conquista totale di Gaza — resta lontano dall’essere realizzato, frenato persino dall’opposizione interna e dalla “cabina di guerra” israeliana che ammonisce sui costi insostenibili, umani e strategici. La pressione internazionale aumenta: sedute d’emergenza all’ONU, parlamenti che si mobilitano. Ma più che a fermare il massacro, sembra si reagisca per salvare l’immagine che ancora si può salvare.
    E intanto a Gaza, mentre i grandi della politica si confrontano freddi, il dolore si legge negli occhi di chi ha perso tutto. I racconti dal territorio descrivono le infezioni, le ustioni, la cecità imposta dalle bombe e dal silenzio. Lì, ogni cura è un miraggio, ogni farmaco un’utopia. Ogni volto è un grido che il mondo rifiuta di ascoltare.
    B’Tselem, Amnesty e numerosi studiosi di diritto internazionale parlano ormai chiaramente di un disegno che travalica ogni logica militare per diventare pulizia etnica — o peggio. Ogni giorno 93 persone — tra cui donne e bambini — cadono vittime di un conflitto il cui vero obiettivo sembra essersi sdoppiato: da un lato la resa di Hamas, dall’altro l’annientamento di un’intera popolazione.
    Eppure, in questo squallido teatro umano, ogni passaggio verso la piena occupazione di Gaza rischia di essere l’anticamera di una guerra eterna. Gaza non è uno spazio neutro da conquistare, ma un popolo da cui partire. Anche ieri Gaza ha urlato, anche ieri il mondo ha taciuto.

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  • Chi occupa vince, se ha buoni amici
    Aug 9 2025
    Benjamin Netanyahu ha smesso di fingere. Ora è ufficiale: Israele si prepara a un’occupazione permanente della Striscia di Gaza. Non è più guerra, non è più rappresaglia. È colonizzazione. E a questo punto la domanda è tanto semplice quanto cruciale: la comunità internazionale intende applicare le stesse sanzioni che ha imposto agli altri invasori del nostro tempo?
    L’Iraq che occupa il Kuwait? Embargo totale, risoluzioni ONU, operazioni militari autorizzate. La Russia che invade l’Ucraina? Congelamento di riserve valutarie, esclusione dal sistema SWIFT, price cap sul petrolio, sanzioni mirate su migliaia di individui. Israele che occupa Gaza dopo averla devastata, assediata e spopolata? Nulla. Nessuna sanzione. Nessun embargo. Anzi: accordi commerciali privilegiati, rifornimenti militari e scudi politici a ripetizione.
    Il doppio standard non è più un sospetto. È un dato giuridico. Il diritto internazionale è chiarissimo: un’occupazione non può prevedere trasferimenti forzati, punizioni collettive, distruzioni sistematiche o blocchi umanitari. Eppure tutto questo è già realtà. E il Consiglio di Sicurezza resta paralizzato dai veti statunitensi.
    Ora che Israele non si nasconde più, neppure l’Occidente potrà farlo. I governi europei e i partiti italiani che hanno invocato le “regole” contro Mosca devono decidere se il diritto vale anche a Gaza. Se non lo faranno, l’eccezionalismo israeliano non sarà più solo tollerato: sarà legittimato. E con esso, il tramonto dell’ordine giuridico internazionale. Del resto ogni genocidio che si rispetti ha bisogno di una moltitudine di canaglie collaborazioniste, indifferenti e servi sciocchi.

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