Una notte d’agosto del 2008, a Omaha, dodici proiettili squarciano il silenzio. Uno di loro devia su un parabrezza e si infila nella testa di un ragazzo di ventun anni. Quel ragazzo si chiama Terence Crawford.

Guidò da solo fino all’ospedale, col sangue che colava e la vista che si spegneva. Non morì. E da quella pallottola nacque un campione.

Questa è la storia di un bambino cresciuto tra risse, espulsioni e violenza, forgiato da una madre che lo preparava alla vita facendolo picchiare da altri ragazzini.

La storia di un talento ribelle che ha trasformato la rabbia in arte, la disperazione in gloria.

Da North Omaha ai palcoscenici del mondo, Crawford ha conquistato tutto: campione indiscusso nei superleggeri, nei welter, campione in quattro categorie diverse, imbattuto in quarantuno match.

E ora, a 37 anni, affronta l’ultima sfida: Canelo Álvarez (qui la puntata dedicata al messicano), Las Vegas, 13 settembre 2025.

La tecnica contro la potenza. La fame contro la leggenda.

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In questa nuova puntata, la storia del pugile Antonio Cervantes, detto Kid Pambelé: l’uomo che trasformò un villaggio dimenticato in un simbolo di orgoglio nazionale.

Nato a San Basilio de Palenque, il primo pueblo libero d’America, Antonio Cervantes ha portato sulle spalle tre secoli e mezzo di resistenza afro-colombiana.

Dalle strade polverose alla gloria mondiale, è diventato il primo colombiano campione del mondo di boxe.

Ma la sua leggenda non è solo fatta di cinture e vittorie. È fatta di cadute rovinose, dipendenze, e di una rinascita che lo ha reso maestro per le nuove generazioni.

Un uomo che ha incarnato le contraddizioni della vita: eroe e peccatore, campione e sopravvissuto.

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In questa nuova puntata, la storia del pugile Xander Zayas: il ragazzo del barrio che ha portato un'isola intera sul tetto del mondo.

Nato a San Juan, Porto Rico, in una casa troppo piccola per i sogni che conteneva, Xander ha scoperto la boxe per difendersi. A cinque anni.
A sei aveva già un titolo.
A sedici ha firmato con la Top Rank.
A ventidue, è diventato il più giovane campione del mondo in attività.

Ma la sua vera vittoria non è una cintura.
È non aver mai dimenticato da dove viene.
È continuare a salire sul ring con addosso la voce del barrio, le mani della madre, gli occhi di chi ancora lotta per un domani.

Uno che ha scelto di vincere con la testa, senza rinunciare al cuore.

Uno che, oggi, rappresenta la speranza di un popolo intero, tra uragani, silenzi politici e sogni inchiodati ai marciapiedi.

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