Il Natale, da sempre, è il momento dell’anno in cui il tempo sembra rallentare.

Le città si riempiono di luci, le case profumano di spezie, agrumi, legno… aromi che, guarda caso, ritroviamo anche dentro un buon gin.

Ma oggi voglio portarvi indietro nel tempo, perché il legame tra Natale e gin non è affatto moderno. Anzi; è fatto di superstizione, freddo pungente, povertà, ma anche di piccoli rituali di conforto.

A Edimburgo c’è un vecchio pub chiamato The Whispering Juniper. Oggi è un locale accogliente, pieno di whisky e gin artigianali… ma un tempo era molto diverso. Buio, pieno di fumo, con una clientela non esattamente raccomandabile.

Londra è una città che vive su più livelli: c’è la superficie che conosciamo tutti, caos, mercati, luci, traffico e poi c’è il sottosuolo; un labirinto di tunnel, magazzini abbandonati e antiche stanze sigillate. La leggenda di oggi parla di una di queste stanze.

Nell’autunno del 1887, al largo delle coste della Cornovaglia, i pescatori iniziarono a parlare di una nave misteriosa: nessuna vela, nessun rumore, solo una scia biancastra e un odore pungente di ginepro che rimaneva sospeso per minuti interi.

I soldati inglesi marciavano sotto la pioggia verso la battaglia di Breda. Erano stanchi, infreddoliti, spaventati.

Tra i vicoli umidi della città termale, viveva Agnes Greave, un’erborista che dicevano avesse il dono… o la maledizione....

Si diceva che prima di ogni impiccagione, il boia bevesse un bicchiere del suo gin preferito e che ne versasse qualche goccia sulla corda, come rito di purificazione.

Non seguire la lanterna.

Perché chi l’ha fatto, non è mai tornato…

o almeno, non da sobrio.