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  • Posso risolvere il mio contratto per causa di forza maggiore?
    Oct 5 2020
    La Convenzione di Vienna delle Nazioni Unite sulla compravendita internazionale di beni, adottata l’11 aprile 1980 è stata ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 11 dicembre 1985 n. 765 (in vigore anche per la Cina). All’articolo 79 sono previste le tre caratteristiche che devono essere presenti affinché la clausola di forza maggiore possa trovare applicazione: - l’estraneità dell’accadimento dalla sfera di controllo dell’obbligato - la non prevedibilità dell’evento al momento della stipula del contratto - l’insormontabilità del fatto impedente o dei suoi esiti. Dimostrando l’esistenza di questi tre elementi, il debitore inadempiente è ritenuto privo di responsabilità nei confronti del creditore. In Italia il concetto di forza maggiore è individuato – per sommi capi – dall’art. 1467 c.c. (rubricato “contratto con prestazioni corrispettive”). La norma riconosce al debitore la facoltà di richiedere la risoluzione del contratto nel momento in cui la prestazione da lui dovuta sia diventata eccessivamente onerosa per fatti straordinari e imprevedibili, estranei alla sua sfera d’azione. Nel caso del Covid-19, con il passaggio alla classificazione di pandemia da parte dell’OMS, è probabile che l’emergenza possa ritenersi individuare una causa di forza maggiore invocabile per la risoluzione del contratto. Ogni clausola contrattuale deve comunque essere interpretata sulla base della Legge che regola il contratto. Nonché dalle prescrizioni di emergenza e restrizioni poste in essere nel luogo ove il contratto deve essere eseguito. E’ quindi chiaro che in una situazione di incertezza laddove il mantenimento dei rapporti commerciali è importantissimo in vista della ripresa dell’economia e di tutte le imprese del territorio è sommamente importante valutare le singole azioni individuali. Anche nell’ambito dei rapporti commerciali laddove non si tratta di “litigare” per avere ragione ma di trovare la migliore soluzione affinché – trascorso il momento di crisi – ognuno possa riprendere la propria attività dando seguito agli impegni presi con tutto l’impegno necessario. Grazie, ciao. Mi trovi sul mio blog e sui social https://www.lexaround.me/ #LexAroundMe ✨ Prenota la tua consulenza online su YouCanBookMe https://silviadivirgilio.youcanbook.me/ ✨ Linkedin https://www.linkedin.com/in/silvia-di-virgilio/ ✨ Iscriviti al mio canale Youtube http://bit.ly/AvvSilviaDiVirgilio ✨ Ascolta il mio Podcast su Spreaker https://www.spreaker.com/user/lexaroundme ✨ Instagram https://www.instagram.com/silvia.divirgilio/ ✨ Facebook https://www.facebook.com/lexaroundme ✨ Twitter https://twitter.com/LexAroundMe
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    4 mins
  • Devo sempre firmare il Contratto?
    Sep 23 2020
    La firma mancante annulla il contratto? Chiunque possa concludere validamente un contratto può obbligarsi con un accordo telefonico, un'intesa verbale, un comportamento concludente. Solo eccezionalmente la legge richiede che venga redatto un documento. Tutte le volte in cui la legge non impone la forma scritta come condizione di validità del contratto, l’eventuale presenza di una scrittura priva di firme non condiziona la validità del contratto stesso. I contratti si concludono già solo con lo scambio delle reciproche volontà, quindi con l’incontro tra proposta e offerta. Allora perché ti consiglio di firmare il contratto? Perché se è pur vero che ci sono altri modi per dimostrare la validità dell'accordo e le modalità di svolgimento dell'incarico ci sono tutta una serie di aspetti che rischiano di non trovare una tutela adeguata in assenza di un accordo sottoscritto. Marchi e Copyright, riservatezza, ecc... E soprattutto le clausole cd. vessatorie, che senza l'apposita firma delle parti non hanno alcun valore. Se vuoi approfondire gli argomenti trattati in questo episodio puoi venirmi a trovare sul mio blog lexaround.me. Se mi vuoi contattare o farmi qualche domanda seguimi sui miei social #lexaroundme. Se, invece, vuoi una consulenza mirata e dedicata puoi prenotarla al link silviadivirgilio.youcanbook.me Grazie, ciao. #Contratto #LexAroundMe Mi trovi sul mio blog e sui social https://www.lexaround.me/ #LexAroundMe ✨ Prenota la tua consulenza online su YouCanBookMe https://silviadivirgilio.youcanbook.me/ ✨ Linkedin https://www.linkedin.com/in/silvia-di-virgilio/ ✨ Iscriviti al mio canale Youtube http://bit.ly/AvvSilviaDiVirgilio ✨ Ascolta il mio Podcast su Spreaker https://www.spreaker.com/user/lexaroundme ✨ Instagram https://www.instagram.com/lexaroundme/ ✨ Facebook https://www.facebook.com/lexaroundme ✨ Twitter https://twitter.com/LexAroundMe
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    4 mins
  • Ho scelto te! Un contratto per amico
    Jul 18 2020
    Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale. Quindi? Quindi anche quando vai a compri quella cosa tanto carina che costa solo 1 euro in quel negozio così grazioso pieno di cose fantasticamente inutili stai concludendo un contratto. E non pensare che contratto e preventivo siano la stessa cosa. Il preventivo spiega il servizio che andrai a svolgere. Oppure il bene che andrai a vendere. Ma cosa succede se non riesci a finire in tempo il tuo lavoro? Oppure il cliente non ti fornisce le informazioni che ti servono? O te le invia in ritardo? O ancora, versa l’acconto ma non il saldo? O solleva una serie di contestazioni a lavoro ultimato? Se lavori senza un contratto ti stai affidando al caso. E un buon contratto ti tutela non solo durante l'esecuzione dell'incarico o del servizio, ma anche dopo che il rapporto si è concluso. Se vuoi approfondire gli argomenti trattati in questo episodio o farmi qualche domanda seguimi sui miei social, è sempre #LexAroundMe Se, invece, vuoi una consulenza mirata e dedicata tutta per te puoi prenotarla al link https://silviadivirgilio.youcanbook.me/ Grazie, ciao. #Contratto #Preventivo #LexAroundMe Mi trovi sul mio blog e sui social https://www.lexaround.me/ #LexAroundMe ✨ Prenota la tua consulenza online su YouCanBookMe https://silviadivirgilio.youcanbook.me/ ✨ Linkedin https://www.linkedin.com/in/silvia-di-virgilio/ ✨ Iscriviti al mio canale Youtube http://bit.ly/AvvSilviaDiVirgilio ✨ Ascolta il mio Podcast su Spreaker https://www.spreaker.com/user/lexaroundme ✨ Instagram https://www.instagram.com/lexaroundme/ ✨ Facebook https://www.facebook.com/lexaroundme ✨ Twitter https://twitter.com/LexAroundMe
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    3 mins
  • Il tram è nudo. Pubblicità e Coronavirus
    May 4 2020
    Dalle finestre delle nostre case, nell’assordante silenzio delle nostre città deserte, abbiamo visto in queste settimane parte dei tram e degli autobus di Milano girare senza pubblicità. Anche questo è un effetto dell’emergenza sanitaria. Il tracollo degli investimenti in pubblicità è tale che gli spazi previsti per gli inserimenti pubblicitari sulle fiancate dei mezzi pubblici è vuoto. Taxi, autobus e tram sono mezzi di trasporto pubblici, ma anche piattaforme pubblicitarie dalle infinite potenzialità. La comunicazione itinerante diffonde il brand, lo infiltra nella quotidianità forse più e meglio della pubblicità tradizionale. La comunicazione dinamica su mezzi di trasporto risulta di grande impatto visivo. E in un’epoca prevalentemente social si presta perfettamente a innescare dinamiche virali molto fruttuose per il brand o l’iniziativa che si desidera comunicare. I contratti relativi alla pubblicità dinamica non formano oggetto di una specifica disciplina legislativa. Esiste una traccia normativa dettata da alcune disposizioni del d.lgs. n. 507/1993 che regola le diffusioni dei manifesti. Queste disposizioni sono insufficienti a fornire un quadro di regolamentazione completo, ma offrono taluni principi che, per analogia, possono essere applicati agli altri contratti. Il decreto n. 507/1993, pur perseguendo in generale scopi prevalentemente fiscali e amministrativi, nel sancire a carico dei comuni con più di tremila abitanti l’obbligo (e per quelli con popolazione inferiore la facoltà) di istituire un servizio di pubbliche affissioni, ha indicato altresì le modalità con cui il servizio stesso deve essere gestito. Prefigurando in tal modo, embrionalmente, la disciplina di un contratto di diffusione. In particolare, all’art. 18 si è individuato l’oggetto del servizio nell’affissione, in appositi impianti a ciò destinati, di manifesti, contenenti non soltanto comunicazioni a finalità istituzionale o sociale. Ma anche messaggi riguardanti attività economiche, inclusi pertanto quelli pubblicitari. Nelle disposizioni che seguono, in particolare all’art. 22, sono stati enunciati sinteticamente i diritti e gli obblighi fondamentali dell’impresa utente e del comune con riguardo al rapporto avente ad oggetto l’affissione di manifesti. Per quanto concerne la durata dell’affissione, si è stabilito che essa decorra dal giorno in cui è stata eseguita al completo, sancendo quindi ai fini dell’adempimento da parte del mezzo l’irrilevanza della diffusione parziale o incompleta. Inoltre è previsto l’obbligo del comune di mettere a disposizione del committente, al fine di consentirgli ogni opportuno controllo, l’indicazione delle posizioni utilizzate e dei quantitativi affissi. Per l’eventualità della mancata affissione cagionata da avverse condizioni atmosferiche o da indisponibilità di spazi quali cause di forza maggiore, il comune è tenuto a darne comunicazione al committente, il quale può recedere dal contratto senza oneri a suo carico. E con diritto al rimborso integrale della somma eventualmente già versata. Analogamente, nel caso di manifesti che dopo l’affissione si deteriorino o si strappino, il comune è obbligato a sostituirli gratuitamente con quelli messi a disposizione dal committente. O in mancanza di altri esemplari a richiederli immediatamente al medesimo conservando nel frattempo a sua disposizione gli spazi.  Da queste disposizioni, dunque, risultano emergere i principi fondamentali secondo cui: •il contratto di diffusione può ritenersi adempiuto solo ove il messaggio sia diffuso formalmente perfetto, “a regola d’arte”, così da assolvere appieno la sua funzione; •ai fini della corretta esecuzione dell’accordo, non è sufficiente che il mezzo abbia reso disponibile il supporto, bensì occorre che la diffusione abbia luogo con le modalità e per i tempi pattuiti. Come nessuno si sarebbe mai immaginato, il nostro mondo si è improvvisamente fermato e così anche il mondo del marketing ha dovuto ripensare ai...
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    5 mins
  • Emergenza Coronavirus e Locazione Commerciale
    Apr 27 2020
    La legislazione di emergenza in vigore nel nostro paese dal mese di marzo e la sospensione di alcune delle attività commerciali è idonea a determinare l'impossibilità della prestazione in capo al conduttore nel contratto di locazione commerciale? L’obbligazione in capo al debitore nel contratto di locazione è pecuniaria. Il debitore è onerato del pagamento del canone periodico previsto dal contratto. Sulla base delle norme giuridiche applicabili al rapporto contrattuale non pare possibile sostenere che l’obbligo di sospensione dell’attività commerciali abbia creato un automatico diritto del conduttore a ottenere la sospensione del canone di locazione commerciale. Osservando la questione nell’ottica della tutela del conduttore la soluzione è da cercarsi proprio nella sopravvenuta impossibilità di utilizzazione della prestazione. Avuto riguardo alla utilizzazione del bene locato per lo scopo dedotto nel contratto. Il conduttore non può, per una causa a lui estranea, utilizzare l’immobile per la ragione per cui lo aveva locato. Vero è che il conduttore continua ad avere la disponibilità dell’immobile (è possessore titolato). Ma la sospensione dell’attività determina il venir meno della possibilità che questa disponibilità realizzi lo scopo perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto. Da ciò possono trarsi valide argomentazioni a sostegno della sospensione del pagamento dei canoni di locazione. Per tutto il tempo in cui saranno in vigore le limitazioni di cui alla decretazione d’urgenza. La sospensione, tuttavia, non si ritiene possa operare in via automatica. Rendendo, invece, necessario che il Conduttore manifesti al Locatore la volontà di sospendere il pagamento del canone quale conseguenza della chiusura della propria attività disposta dalla decretazione d’urgenza. Tenendo a mente che allo stato non ci sono provvedimenti che autorizzino la sospensione del pagamento dei canoni di locazione in favore di aziende, imprenditori, associazioni le cui attività sono stato sospese. Il Locatore, in assenza del pagamento dei canoni, allo stato sarebbe legittimato ad agire per recuperarli. E per promuovere un procedimento di sfratto per morosità. Diversamente, la tempestiva formalizzazione al Locatore della decisione di sospendere il pagamento del canone e delle relative motivazioni potrebbe frenare la proprietà dall’assumere iniziative contro il Conduttore.  E dare a quest’ultimo quantomeno un po’ di respiro in un momento di estrema difficoltà. Il primo tentativo nei confronti del Locatore dovrebbe essere l’invio di una comunicazione con la richiesta di sospensione del canone di locazione per il periodo di chiusura delle attività. Come previsto dalla decretazione d’urgenza. Naturalmente ogni contratto ha contenuti differenti e disciplina interessi particolari. E il mancato pagamento del canone può comportare una serie di conseguenze in termini di inadempimento e di responsabilità contrattuale. E', quindi, consigliabile rivolgersi a un consulente esperto per un esame delle specifiche clausole contrattuali. Così come per valutare, conseguentemente, la migliore strategia adottabile nel caso concreto. Tale strategia potrebbe realizzarsi anche nella scelta di avviare un procedimento di mediazione volto alla ricerca della migliore soluzione per evitare la risoluzione del contratto per inadempimento. La soluzione migliore per la valorizzazione del rapporto contrattuale si individua nell’apertura di un valido canale di comunicazione che possa portare alla migliore soluzione nell’interesse delle parti contrattuali. Vuoi sapere come gestire il pagamento dei tuoi canoni di locazione? Ascolta anche il Post "Coronavirus e sospensione dei canoni" per scoprire cosa puoi fare con i tuoi contratti. Lo trovi qui: https://www.spreaker.com/user/lexaroundme/coronavirus-e-sospensione-dei-canoni Se vuoi risolvere una questione che ti interessa o ricevere il nostro supporto puoi prenotare la tua consulenza online a questo link...
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    4 mins
  • Coronavirus e Sospensione dei Canoni
    Apr 20 2020
    L’entrata in vigore sul territorio nazionale della legislazione di emergenza a fini di contrasto dell’emergenza sanitaria (in particolare, i D.P.C.M. 11 marzo 2020 e 22 marzo 2020), ha avuto un impatto notevole in tutti i settori della nostra vita, compresi i rapporti commerciali e privatistici. La chiusura degli esercizi commerciali e la sospensione di tutte le attività produttive, a eccezione di quelle espressamente previste dalla normativa, hanno originato importanti riflessioni in merito agli effetti delle norme in vigore sui contratti di durata. Nel caso in cui - come è probabile - non sia stata contrattualizzata una clausola relativa al funzionamento del contratto in conseguenza di una epidemia/pandemia. O altro evento riconducibile, anche non letteralmente, a quanto stiamo vivendo. Tra i contratti di durata analizziamo gli effetti della pandemia sul contratto di locazione commerciale. Con il contratto di locazione commerciale il Locatore mette a disposizione del Conduttore un immobile destinato a un uso commerciale e non di abitazione dietro pagamento di un corrispettivo determinato liberamente dalle parti.  L’obbligazione del Locatore è quindi quella di consentire al Conduttore il godimento del bene locato per l’uso e per il tempo stabilito nel contratto. Mentre l’obbligazione del Conduttore è quella di provvedere al pagamento del canone pattuito nel contratto. L'imposizione ex lege dell’obbligo di interrompere l’attività commerciale esercitata all’interno dei locali oggetto di locazione ha generato riflessioni circa la possibilità di chiedere (e ottenere) la sospensione o riduzione del canone relativo all’immobile non utilizzabile. Gli istituti giuridici di cui si è invocata l’applicazione sono: •l’impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore •l’eccessiva onerosità della prestazione. Naturalmente le due ipotesi escludono che il locatore intenda recedere dal contratto per ritenuti gravi motivi. In questo caso soccorrerebbe l’applicazione dell’art. 27 della L. 392/78 a norma del quale, per gravi motivi, il conduttore può recedere dal contratto di locazione in qualsiasi momento con preavviso di sei mesi. L’attuale momento storico e la (sperabile) temporaneità delle difficoltà esistenti hanno portato gli operatori del diritto a esplorare quale possa essere l’istituto giuridico più idoneo alla tutela delle parti contrattuali. Pur in presenza di un evento esterno che ha creato uno squilibrio contrattuale. L'ipotesi della impossibilità sopravvenuta. Ai sensi dell’articolo 1256 c.c., “l’obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile”. Se l’impossibilità di eseguire la prestazione è solo temporanea, “il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento”. Nel caso di impossibilità parziale, l’articolo 1258 c.c. prevede la liberazione del debitore con l’esecuzione della prestazione per la parte rimasta possibile. Quindi, l’estinzione dell’obbligazione si determina allorché la causa dell’impossibilità sia: •oggettivamente estranea al debitore •abbia il carattere della imprevedibilità •non sia superabile da parte del debitore usando l’ordinaria diligenza. L'eccessiva onerosità della prestazione. L’art. 1464 c.c. si occupa invece dell’ipotesi in cui la prestazione di una parte è divenuta solo parzialmente impossibile. La norma stabilisce che “l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all'adempimento parziale”. In mancanza di elementi che rendano la prestazione impossibile, totalmente o parzialmente, il debitore è tenuto all’esatto adempimento dell’obbligazione contrattuale. Esponendosi, in caso contrario, alla legittima richiesta di risarcimento dei danni subiti dalla sua controparte. Vuoi sapere come gestire i tuoi contratti? Ascolta anche il Podcast "Il Contratto ai tempi del...
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    5 mins
  • Il contratto ai Tempi del Coronavirus
    Apr 20 2020
    La recente diffusione del Coronavirus sul nostro territorio ha colpito tutti gli operatori economici.  Un impatto che da un punto di vista strettamente giuridico potrebbe comportare un possibile aumento del rischio di inadempimento contrattuale da parte delle aziende che hanno assunto determinate obbligazioni commerciali e sulle quali l’attuale epidemia potrebbe avere effetti sospensivi. E anche estintivi. Coronavirus e inadempimento contrattuale. L’inadempimento contrattuale, ai sensi dell’art. 1218 c.c., è costituito dalla mancata esecuzione di una prestazione prevista nel contratto. Questo può avvenire per mancanza di volontà, diligenza o di cooperazione nella realizzazione della prestazione oggetto del contratto. Tutto questo a condizione che la prestazione sia soggettivamente possibile. Infatti la difficoltà nell’adempimento non impedisce la prestazione e la conseguente liberazione del debitore. Ma costituisce soltanto un ostacolo che il debitore è tenuto a superare con la dovuta diligenza. Il principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto impone a ciascuna delle parti di “agire in modo da preservare gli interessi dell’altra” e costituisce un dovere giuridico autonomo a carico di entrambe le parti del contratto. Per esonerarsi dalle conseguenze dell’inadempimento delle obbligazioni contrattualmente assunte è necessario provare che l’inadempimento è stato determinato da una “causa a sé non imputabile”. Causa che è rappresentata non da ogni fattore estraneo che abbia posto una parte nell’impossibilità di adempiere in modo esatto e tempestivo. Ma solamente da quei fattori che da un canto, non siano riconducibili a difetto della diligenza che il debitore è tenuto ad osservare per porsi nelle condizioni di adempiere e, d’altro canto, siano tali che alle relative conseguenze il debitore non possa con eguale diligenza porre riparo.  L’art. 1218 c.c. pone, infatti, a carico del debitore, per il solo fatto dell’inadempimento, una presunzione di colpa superabile solo con  la prova della circostanza specifica che abbia reso impossibile la prestazione. O almeno la dimostrazione che, qualunque sia stata la causa dell’impossibilità, la medesima non possa essere imputabile al debitore. Coronavirus e gli avvenimenti straordinari e imprevedibili. L’impossibilità sopravvenuta va distinta dall’eccessiva onerosità sopravvenuta. Questa, infatti, non impedisce la prestazione ma la rende più “onerosa” e consente al debitore di chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione della prestazione. L’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, per poter determinare la risoluzione del contratto deve rispondere a due requisiti: - lo squilibrio tra le prestazioni non previsto al momento della conclusione del contratto - la riconducibilità della eccessiva onerosità a eventi straordinari e imprevedibili che non rientrano nell’ambito del normale rischio contrattuale. Il carattere della straordinarietà deve essere valutato in modo oggettivo,  in base alla frequenza dell’evento, alle dimensioni, all’intensità, ecc. L’imprevedibilità ha, invece, natura soggettiva. Perché si verifichi un’eccessiva onerosità sopravvenuta è necessario che gli avvenimenti straordinari e imprevedibili determinino un aggravio patrimoniale che alteri l’originario rapporto tra le parti, incidendo sul valore di una prestazione rispetto all’altra. E quindi facendo diminuire o cessare l’utilità della controprestazione. La domanda di risoluzione di un contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione deve essere corredata dalla prova del fatto che abbia determinato una sostanziale alterazione delle condizioni del negozio originariamente convenuto tra le parti e della riconducibilità di tale alterazione a circostanze assolutamente imprevedibili.  Coronavirus e impossibilità della prestazione. In materia di inadempimento contrattuale ai sensi dell’art. 1256 c.c., l’obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al...
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    6 mins