• ٣١ Il dottor Giulivi, la psicologa Ramponi, e la setta degli uomini violenti
    Oct 4 2025

    Il dottor Giulivi gestisce la setta degli uomini violenti, e io, in quanto uomina violenta, sono entrata a farne parte. La psicologa Ramponi è la sua spalla destra, e si fonda su credenze esoteriche che esaltano la non conoscenza delle truffe da cui è composta la giustizia italiana. La setta degli uomini violenti si incontra ogni settimana, per fare un percorso psicologico fondato tanto quanto lo è la psicologia della Ramponi, colma di ignoranza sulle dinamiche di denunce false, inganni, gelosie, vendette. E poi, come si fa a pensare di capire la mente di qualcuno, e pretendere di indirizzarla sulla giusta strada, se la giusta strada sono in grado di riconoscerla solo pochissimi eletti esseri umani? Solo colui che scava dentro di sé e dentro alle cose con fatica, e con voglia di rivoluzionare ogni sua abitudine, può riconoscerla. Mi trovo fin da subito a parlare nel gruppo della setta, sentendomi come circondata da altre uomine di una bassezza così grande da farmi subito notare l'errore. Lì mi ci ha mandata Filippo Seganos, padre di Giorgio Seganos... Ed è proprio Filippo Seganos l'unico mostro violento e malato della storia. Non dico che per lui andare a frequentare un gruppo trattamentale ogni settimana servirebbe a qualcosa, almeno io da questo percorso gratuito ho estratto molti libri sullo studio della bassezza dell'essere umano generico, perché tra il dottor Giulivi, felice solo dopo aver scolato alcol, allegro per la sua panzona da vecchio sedentario con due gambe a stecco, e la psicologa Ramponi, che pur di guadagnare senza lavorare, riesce ad arrampicarsi sulle persone, come sulla neve quando è fresca, brutta come la fame dopo un digiuno di 40 giorni, la setta degli uomini violenti è in tutto e per tutto fuffa ordinata dal sistema dell'imbarazzante (in)giustizia italiana, una truffa legalizzata che non attua alcun lavoro vero per cercare i colpevoli effettivi. Filippo Seganos mi ha regalato altri libri da scrivere grazie al mio pass gratuito per la setta, ma mi dispiace di non essere andata in galera, ogni scrittore sogna questa grandissima svolta nella propria carriera!


    [Disclaimer: ogni riferimento è puramente casuale]


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    3 mins
  • ٣٠ Introduzione, quarta stagione ☾
    Sep 26 2025

    La quarta stagione di "Le Mille e una Novella" sta per cominciare, ancora una volta imprimerò la mia vita nelle parole, e le parole voleranno distinguendosi, impadronendosi della scena. Se atterreranno diverse o immutate non lo so, ma saranno sempre autentiche. Tante volte credo che impegnarmi non mi abbia ripagata, non avrei mai dovuto provare a organizzarmi per ottimizzare ogni aspetto di me... Quasi nessuno riconosce i miei sforzi. Viviamo in un mondo in cui contano solo i soldi, quindi devi lavorare il prima possibile, ottenere un lavoro con un ottimo stipendio, e finisce lì. Se poi non curi il tuo fisico nessuno deve permettersi di fartelo notare! Trovo che questo "body positive" sia un inno alla devastazione: dipingersi le unghie non sarà mai più importante di prendersi cura del proprio pensiero, dei propri organi, e dei propri muscoli.


    Sapete bene che non sarò mai il prodotto ideale di questa società, mi ribello a tutto quello che è sfacciatamente stupido, curo cosa mangio, non passo le giornate col didietro incollato a quella dannata sedia, approfondisco ogni argomento interessante, e pratico, che mi si presenta davanti nella quotidianità, non mi fermo alle apparenze, ho dei sogni smisurati, vorrei scuotere l'universo. Non ce la farò? Non importa, ma non sarò mai quella persona chiusa nei vizi, una fumatrice, una persona senza ambizioni di perfezione. Fate pure come volete, ma io non diventerò mai quell'elemento facile della collettività, che subisce questo schifoso meccanismo di guerre per soldi e potere. Il mio potere resterà sempre quello di apparire senza trucco, di vivere consapevolmente, analizzando sempre tutto di me, e impegnandomi a evolvere. Non c'è umiliazione più grande di vivere senza farlo veramente.


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    3 mins
  • ٢٩ La prima gara di nuoto Master
    Dec 23 2024

    È stato singolare ritrovarmi di nuovo in piscina per delle gare al sabato e alla domenica. Ma soprattutto non riuscivo più a capire se fossi ritornata indietro nel tempo, come quando nuotavo agonisticamente – l'avevo fatto fino a giugno del 2016 –, o se fossi solo andata in avanti con un grande balzo, e un vuoto lasciato nel mezzo. Mi sono ritrovata con pochi ragazzi e ragazze più giovani attorno, e molti signori e signore, non più esattamente giovani, accanto. Appena arrivata al Bocconi Sport Center ho sentito quella piccola ansia pre-gara, mi mancava. Nello spogliatoio mi sentivo carica per buttarmi ancora una volta in quest'avventura. Dopo uno scioglimento, uno smollo veloce nella piscina bollente, funzionale per tenere calda ogni fibra muscolare, ero già in ritardo per la prima gara. Quindi corro nello spogliatoio a cambiarmi il costume, per averlo asciutto, poi mi metto i pantaloncini, la maglietta, e la cuffia della squadra, e vado con gli occhialini e il cartellino FIN in mano alla camera di chiamata. Mi siedo, osservo, non riesco ancora a capire in quale parte della vita fossi effettivamente finita, se indietro o se avanti, come dicevo, e spero fin da subito di non ritrovarmi a competere con una sessantenne che avrebbe fatto il mio stesso tempo con disinvoltura, o addirittura mi avrebbe battuta gareggiando nella corsia affianco. Metto gli occhialini e vengo chiamata, la mia batteria è la numero 2, l'ultima è la numero 1, la più veloce. Tenevo a quei 50 metri dorso come ho sempre tenuto a ogni gara, sarebbe stato impensabile vedermi distratta o svogliata, ero concentrata, ero lì per fare del mio meglio. Corsia 5, proprio al centro dell'attenzione, e via, si parte. Non avevo fatto il tempo che speravo, ma avevo dato tutto. Dopo una polmonite bilaterale, che il mio corpo non può avere ancora assorbito completamente, dovevo comunque ritenermi soddisfatta. In pochi giorni, in ospedale, il valore dell'emoglobina era sceso drasticamente, da 13 g/dL a 9 g/dL, non erano passati nemmeno due mesi da quando ero tornata a casa e mi sentivo un vermiciattolo molle senz'anima; l'integratore di ferro avrebbe avuto bisogno di altri mesi per far riarrivare al valore minimo di 13 g/dL l'emoglobina: con circa 10,5 g/dL di emoglobina, essere lì a disputare una gara, dopo tutto quello che mi era successo, doveva solo farmi dire "complimenti Miriana, non molli mai, anzi, rilanci e basta". Così vado a fare qualche vasca di defaticamento, e mi ripreparo per andare in camera di chiamata per la seconda gara. Mi mancavano i 50 metri stile libero per quel giorno, poi di domenica, sempre di pomeriggio, avrei fatto i 100 metri dorso. Ero più contenta del tempo nei 50 m stile libero, e anche dopo i 100 m dorso del giorno successivo il messaggio era chiaro: il dorso andava allenato ancora molto, si nuota sempre troppo a stile libero in allenamento, e anche di questo si pagano le conseguenze. Però la vita ti premia quando meno te lo aspetti, avevo lottato tanto, e lei questo lo sapeva. Ero più contenta del tempo dei 50 m stile libero che dei 50 e dei 100 m dorso, l'ho detto, ma già sabato sera, dopo essermi lavata e preparata e aver raggiunto il mio ragazzo e i miei genitori, che mi aspettavano nella parte alta di questa lussuosa piscina, sono rimasta confusa per molti minuti, non mi sarei mai aspettata che mio padre stesse tenendo al collo una medaglia, una mia medaglia, perché l'avevo vinta, ma non nei 50 stile libero, bensì nei 50 dorso! Ero arrivata terza, anche con un bel margine dalla 4ª classificata. Ero contenta, non per il tempo effettuato, ma per quel segnale di speranza, di sorpresa e di stupore, che ancora una volta la vita si era sentita di offrire.


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    5 mins
  • ٢٨ Le spese processuali
    Dec 13 2024

    Il primo pulsante del citofono è il mio, ed è una condanna perché la postina preme sempre quello, sia per portare la posta a chiunque, sia per portare della posta a me. La verità è che se preme "piano" si sa che non è della posta per noi, ma se preme "pesantemente" allora si sa che è per noi! Un giorno era per noi, non era per mio padre, non era per mia madre, ma non stavo aspettando niente, perché era per me? Scendo, scambio due parole con la postina di fiducia, ormai è una di casa, mi chiede se va tutto bene, le rispondo che insomma, stavo per morire con la polmonite, quindi mi racconta che anche lei l'aveva fatta forte alla mia età, ma c'erano metodi di cura molto diversi e dovette continuare a curarsi per un anno intero. Firmo, mi dà la misteriosa busta che era stata spedita a me, comincio a sperare non sia una multa, la scarto mentre risalgo con l'ascensore, non capisco che cavolo ci fosse scritto su quei fogli, li riguardo dentro casa, trovo le parole chiave che mi chiariscono tutto: "spese processuali". Cerco la somma da pagare, in verità non voglio leggerla, ma purtroppo la trovo, è incomprensibilmente bassa, mi dico che sarà solo una rata di più rate... Leggo e rileggo, non si tratta di una rata, è proprio il totale, non avrei dovuto pagare altro. Comincio a ridere, a rotolarmi, non riesco a credere che il padre di Giorgio Seganos in alcuni anni abbia creato un processo di... 150€. Centocinquanta euro. Devo ben 15000 centesimi di euro allo Stato, perdindirindina! Era partita la musica, in mezzo alla camera c'ero io a ballare con le spese processuali in mano, pagate subito dopo. Avrei pagato di più se fossi passata col rosso al semaforo, ma il semaforo era verde, la pista tutta per me.


    [In coda "Crazy" di Gnarls Barkley]


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    4 mins
  • ٢٧ Polmonite, parte cinque
    Dec 6 2024

    Ho odiato tantissimo il letto col materasso ad aria che continuava a gonfiarsi e a sgonfiarsi a un ritmo spropositato; comprendo la necessità di un tale sistema per fare muovere almeno un minimo le membra dei malati, soprattutto anziani, costretti a non lasciare il letto nemmeno per un momento, ma a causa delle famose punture del secondo antibiotico, poi inutile, che mi aveva fatto Rosa, quello stupido materasso mi premeva ogni santa volta sui lividi che mi si erano creati sui glutei, che dolore! come se non bastassero già tutti gli altri fastidi che dovevo affrontare durante la giornata, e durante ogni nottata passata in ospedale! L'apnea di brutti ricordi si interrompe solo quando finalmente la febbre scompare, e più o meno parallelamente posso cominciare a camminare avanti e indietro anche nei due lunghi corridoi del reparto, a lasciare quella stanza ormai soffocante, perché mi viene data una piccola bombola di ossigeno su un carrellino trascinabile. E pensare che questo cambiamento è avvenuto giusto in tempo, perché l'anziana signora della mia stanza ha poi cominciato a stare male, a ingolfarsi di catarro e a non riuscire a espellerlo, a tossire emettendo un alito molto cattivo, tanto da far diventare l'aria della stanza pesantissima, irrespirabile, soprattutto per qualcuno coi polmoni provati come me. Così la prima notte della "libertà corridoriale" sono uscita dalla stanza per disperazione, dicendo alle infermiere di aiutare la signora perché, senza offesa, ironicamente e seriamente allo stesso tempo, stava diventando insopportabile. Allora mi ritrovo a sedermi fuori dalla stanza, con una sedia nel corridoio, tanto con le crisi della signora quella notte non avrei potuto dormire. Inoltre, gli schiamazzi notturni degli infermieri, a qualsiasi orario, erano veramente schifosi, colpevoli, ma presto avrei trovato una soluzione anche per quelli: un paio di tappi per le orecchie mi avrebbero fatto dormire per qualche ora rigenerante nelle ultime due notti. Hanno poi aiutato la signora, le hanno aspirato via tutto il macello di scarto che la soffocava, ma ho continuato a mettermi fuori dalla stanza con la sedia un po' quando ne sentivo il bisogno, perché nella stanza l'aria diventava spesso irrespirabile e l'areazione ci metteva sempre del tempo a renderla di nuovo pulita. Quando mi hanno tolto un accesso venoso e l'arteria artificiale, rimanendo con un solo accesso venoso, mi sembrava come di volare, avevo abbandonato il bastone delle flebo, avevo potuto mettere un pigiama normale senza incastrare i tubicini nelle maniche – per questo fino a lì avevo indossato ancora il camice, con una maglia apribile davanti, pesante, sopra, anche per passeggiare nell'intero reparto. La mia ripresa è stata eccezionale, in qualche giorno sono stata immensamente meglio, il mio fisico reattivo era ritornato all'attacco, a un certo punto avevano portato via la maschera CPAP senza farmela più vedere, dicendo fosse quello il percorso: attaccartici costantemente all'inizio per poi toglierla repentinamente e farti reagire da solo. All'orario di visita era bello vedere i miei genitori nella parte esterna del reparto, sempre con la bomboletta dell'ossigeno a portata di mano in caso di necessità, ma anche quella sempre meno in uso. Durante gli ultimi tre giorni sono anche stata soprannominata "la portinaia", perché la mia stanza si trovava appunto all'ingresso del reparto, e per scappare dall'alito pesante della signora mi mettevo nel corridoio a leggere "Il fuoco interiore" di Alberto Mantovani, che sempre per un incastro del destino, si trovava nella mia scaletta di lettura proprio in quel momento della mia vita. Ma quello che mi è rimasto più addosso nelle passeggiate finali della terapia sub-intensiva, era stata la visione di quella cascata di stanze piene di anziani, che mi facevano chiedere sempre più dove diavolo fossi finita, e perché.


    [...]


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    6 mins
  • ٢٦ Polmonite, parte quattro
    Nov 29 2024

    Dopo la prima notte in pronto soccorso, la piccolissima colazione, e altro tempo trascorso con la maschera CPAP, ho rivisto i miei genitori, che sono passati a trovarmi. Poi il primario di pronto soccorso, insieme ad altro personale sanitario, si è adoperato per trovarmi una nuova sistemazione nell'ospedale, perché ovviamente non avrei dovuto stare in pronto soccorso in via definitiva. L'idea del primario, che ha condiviso anche con i miei genitori, era quella di portarmi in terapia intensiva, ma visto che quel reparto era già al completo, avrei potuto prendere posto in terapia sub-intensiva (che si trova appena prima dell'intensiva). Mi ci hanno trasportata su una barella chiaramente – dato che non avevo più potuto mettere un piede a terra dal momento del ricovero –, indossando gli occhialini per l'ossigeno, e con l'accompagnamento dei miei genitori. Si trattava della prima stanza all'ingresso del reparto, letti 11 e 12, il 12 già occupato da una signora, l'11 per me. Ho risalutato i miei genitori, mi hanno rimesso la maschera CPAP fino al pranzo; ho mangiato, cercando di capire dove fossi finita e perché, con tanti dubbi di come, e se, si sarebbe risolta la situazione. Nel pomeriggio ho dovuto rimettere la maschera CPAP, e poi alle 17, orario di visita, sono arrivati i miei genitori. Erano scossi, la dottoressa del reparto ha cercato di tranquillizzarli un po', a me questo non faceva bene, intristiva e preoccupava. Poi ho cenato, e prima di un'altra nottata infinita con la maschera CPAP, ho ricevuto la prima buona notizia: avevano trovato il batterio che mi stava tormentando da giorni, Mycoplasma Pneumoniae, e quindi avrebbero potuto somministrarmi l'antibiotico giusto fin da subito. Grazie a tutti i prelievi effettuati avevano cercato la presenza di qualsiasi tipologia di Coronavirus, di qualsiasi tipologia di polmonite, fino ad arrivare a quella conclusione. Gli altri antibiotici non avevano funzionato perché il cattivissimo Mycoplasma Pneumoniae si è specializzato a riconoscerli. La nottata è stata comunque molto pesante, l'infermiera mi aveva legato i capelli malissimo (pensando di fare bene) e non vedevo l'ora di togliere la maschera CPAP, dopo la colazione ho avuto un calo, uno sfogo col pianto, mi avevano letteralmente tirata per i capelli, non capivo perché mi stesse capitando tutto quello, visto che fino a poco prima stavo benissimo. Allora la dottoressa del reparto è venuta a spiegarmi che è proprio un paradosso, sì Miriana, perché sono proprio i fisici più forti, col sistema immunitario più agguerrito, che cercando di combattere al massimo si buttano automaticamente ancora più a terra. Non ero debole, bensì ero giovane, ero troppo forte, e il mio corpo stava strillando da giorni, con la febbre fino a 40 °C che non osava mollare se non sotto effetto del paracetamolo. Il nuovo antibiotico ci avrebbe messo almeno due giorni per farmi stare meglio, dovevo resistere. E così è stato, ho pranzato un po' triste, ho rivisto i miei genitori e finalmente anche il mio ragazzo all'orario di visita, tenuto di nuovo la maschera CPAP, cenato senza voglia, e per fortuna, dopo 48 ore attaccata al letto, la sera del 27 settembre mi hanno fatta rialzare, semplicemente per andare al bagno per conto mio. Ma che fatica ottenere quella piccola libertà!


    [...]


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    6 mins
  • ٢٥ Polmonite, parte tre
    Nov 23 2024

    La prima notte in ospedale s'è poi rivelata durissima. Nel pomeriggio avevo mangiato dei wafer al cioccolato fondente presi a una macchinetta durante l'attesa coi miei genitori, e meno male, perché durante la prima serata e la prima nottata in pronto soccorso, non ci sarebbe stata nessun'altra occasione per mangiare qualcos'altro. Subito dopo aver messo il camice, cominciano a venire da me una successione di infermieri e di medici, e anche due rianimatrici pronte a spiegarmi che sarebbe servito applicarmi un'arteria artificiale al polso, perché i prelievi dall'arteria sarebbero diventati subito dopo molto frequenti. Quindi dopo due accessi venosi, mi viene installato questo nuovo marchingegno al polso, con l'aiuto di un'anestesia locale, e un bel po' di lavoro. Tengo i denti stretti, anche se qualche dolore si stesse sentendo lo stesso, poi le due rianimatrici mi dicono che gli è necessario mettermi due punti per rendere ben stabile l'arteria artificiale, resisto con pazienza ancora un po' e il lavoro è fatto. Le rianimatrici si complimentano con me, dicendo avessi avuto molta pazienza e fossi stata molto ferma e collaborativa, visto che si trattasse di un'operazione delicata e un po' fastidiosa. Nel mentre avevo ancora l'ossigeno attaccato al naso, delle infermiere mi avevano fatto dei prelievi venosi a tradimento su un braccio, e sull'altro avevano avviato una flebo per idratarmi bene durante tutto quello che sarebbe avvenuto per tutta la notte, di lì a poco. Le stesse rianimatrici mi introducono a un nuovo marchingegno, la cosiddetta maschera a pressione CPAP, che a differenza delle piccole cannucce che stavo fin lì indossando, che portano solo l'ossigeno al naso agganciandosi sopra alle orecchie – poi ho scoperto si chiamassero "occhialini" –, prevedeva, in aggiunta all'ossigeno, l'uso della pressione per facilitare il riempimento dei polmoni e l'innalzamento della saturazione. Ma allora, non potendo più abbandonare il letto a causa della flebo, e di questa maschera che mi stavano per attaccare, un'infermiera è arrivata per farmi indossare un bellissimo pannolone, che mi sarebbe servito per urinare durante tutte quelle ore legata al letto. Sul momento ho pensato di non essere capace di farmela addosso, mi sembrava ridicolo, ma ben presto dovetti abituarmici, e non risultò nemmeno difficile, poiché si trattasse dell'unica possibilità di fare pipì. La maschera CPAP, misura M, mi stava bene all'inizio, premeva il giusto, e coprendomi l'intera faccia, aderente, insisteva a farmi respirare per bene l'ossigeno, ma mai avrei pensato di doverla tenere per tutte quelle ore! Gli infermieri avevano parlato di alcune pause che avrei fatto dall'indossare questa maschera, ma erano stati vaghi per non farmelo pesare fin da subito. Per tutta la notte ho tenuto la maschera CPAP, e spesso mi veniva fatto un prelievo arterioso chiamato "emogas"; la desiderata pausa è arrivata solamente la mattina dopo, quando frastornata da un'altra notte senza dormire, piena di cose nuove e fastidiose, sono riuscita a bere un tè caldo e a mangiare qualche biscotto bianchissimo, zuccherato, "uccidi glicemia", come i wafer del pomeriggio prima, che però in quel caso erano ben accetti e non avrei mai potuto rifiutarli. Il ricovero era iniziato attorno alle 19 del 25 settembre, e già in quella mattina del 26 settembre si capiva che sarebbe stato ancora lungo e tortuoso, e che dovessi tenere duro.


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  • ٢٤ Polmonite, parte due
    Nov 15 2024

    Non avendo idea di cosa mi stesse davvero succedendo, mi riposo un altro giorno. Domenica 15 settembre, però, comincio a non sopportare più quel tipo strano di malanni, la febbre era già arrivata a 39.6 °C, troppo, così nel pomeriggio decido di chiamare la guardia medica attiva nel fine settimana, per orientarmi e capire cosa diavolo stessi avendo. Dopo aver spiegato accuratamente la mia situazione, la dottoressa di turno mi consiglia caldamente di passare da lei per una visita, non ci penso a lungo, i miei genitori mi ci portano in macchina, entriamo. Anche nel corto vialetto da percorrere per arrivare allo studio medico mi tremano le gambe, mi gira la testa, mi sento debole. La dottoressa mi misura la saturazione, risulta 93, è molto bassa, poi valuta negativamente la mia respirazione e mi diagnostica un "inizio di bronchite che non deve diventare polmonite", così mi prescrive un antibiotico da prendere per una settimana, e poi il cortisone, i fermenti lattici, il paracetamolo per non fare andare la febbre sopra i 38 °C, e i fumenti. Seguo tutto alla lettera giorno per giorno, ma ai sintomi, in poco, si era aggiunta anche una tosse molesta, che mi faceva tirare fuori ogni giorno, e ogni notte, un'enorme quantità di catarro: mai avrei creduto possibile qualcosa del genere. Il risultato è che mi sento sempre più debole, mi viene l'affanno ogni volta che ho una crisi di tosse, di notte dormo malissimo, solo da seduta, con parecchie pause per tossire: è proprio la notte a diventare l'incubo più grande, sto meno peggio di giorno. Sabato 21 settembre dico basta, chiamo nuovamente la guardia medica, mi reco accompagnata da mia mamma, una nuova dottoressa di turno mi visita, mi consiglia di presentarmi in pronto soccorso per una lastra, visto che la saturazione continuava a essere 93, la respirazione risultava molto compromessa, e l'antibiotico non stava funzionando. I miei genitori mi portano in pronto soccorso, e dopo sette ore di permanenza tra prelievi, visite, e soprattutto attesa, vengo rimandata a casa con una diagnosi di polmonite, localizzata principalmente a destra, e un nuovo antibiotico, stavolta non per bocca ma intramuscolare. Coi miei genitori cerchiamo di contattare subito un'amica che sa fare le iniezioni di questo nuovo antibiotico, e comincio subito a farmelo somministrare da lei. Si chiama Rosa, abita nella scala affianco, di mattina mi fa una bella punturina dolorosa nella chiappa sinistra, di sera in quella destra, ogni volta cerco di massaggiare la parte per non renderla più dolorante di quanto non fosse già dopo ogni puntura. Passano 4 giorni, ma nemmeno dopo 8 punture sto meglio, Rosa di volta in volta continua a chiedermi se va meglio, ma io continuo a rispondere che purtroppo va sempre peggio. Continuavo a tossire e buttare fuori tantissima roba di giorno e di notte, non dormivo niente, e i muscoli attorno alla cassa toracica cominciavano a essere distrutti, soprattutto nella parte destra. Il culmine arriva nella notte del 24 settembre, in cui mi viene un forte dolore sotto alla parte sinistra del seno, è del tutto nuovo, visto che la parte sinistra, fino a lì, era stata, tra le due, quella un po' meno devastata dell'intera faccenda. In quel punto, a sinistra, sembrava un dolore pre-mortem, lo giuro, sembrava come se mi stesse scoppiando il cuore. Allora la mattina dopo, il 25 settembre, mi reco dalla mia dottoressa di base disperata, mi visita e mi compila una ricetta per farmi ricoverare direttamente in ospedale. Torno a casa, mi faccio un bagno caldo, mi sistemo, mangio molto poco visto che sto veramente male, e poi i miei genitori mi portano per la seconda volta in pronto soccorso, ma questa volta con l'intento di lasciarmi lì.


    [...]


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